Vanno salvati e accolti tutti i migranti soccorsi dalle navi umanitarie, non solo quelli vulnerabili.
Arriva da un tribunale civile la bocciatura del primo decreto del Governo Meloni in materia di immigrazione, quello firmato lo scorso 6 novembre dai ministri Piantedosi, Crosetto e Salvini, che aveva imposto alla Humanity 1 di restare in acque italiane solo per il tempo necessario ad assistere le persone in precarie condizioni di salute, vietando così lo sbarco a 35 dei 179 migranti soccorsi. Alla fine sbarcarono tutti, ma prima i 35 avevano fatto ricorso contro il decreto.
Il giudice del tribunale civile di Catania, Maria Acagnino, ha definito ora «illegittimo» quel decreto e se non fosse «cessata la materia del contendere», ovvero se lo sbarco non fosse avvenuto, il ricorso sarebbe stato accolto ed i ministeri condannati a pagamento delle spese del giudizio. La sentenza arriva alla vigilia del voto finale alla Camera (in programma mercoledì) sul decreto legge del 3 gennaio che contiene la stretta alle navi-ong. Il Governo ha posto la questione di fiducia sul provvedimento che poi passerà al Senato.
La vicenda risale al 4 novembre scorso, quando la Humanity 1, alle prese con il mare grosso, chiede alle autorità italiane di approdare in Sicilia con i suoi 179 migranti recuperati davanti alle coste libiche. La risposta – lo stesso giorno – è il decreto Piantedosi-Crosetto-Salvini: «è fatto divieto alla nave di sostare nelle acque territoriali nazionali oltre il termine necessario ad assicurare le operazioni di soccorsi ed assistenza delle persone che versino in condizioni emergenziali ed in precarie condizioni di salute». Il giorno dopo c’è l’indicazione di Catania come porto sicuro. Il 6 avviene la `selezione´ disposta dal decreto: 144 sono giudicati a rischio da un’equipe medica salita a bordo e per loro c’è l’ok allo sbarco. Per i restanti 35 niente autorizzazione a scendere e la nave, secondo il provvedimento interministeriale, deve lasciare le acque nazionali. La ong si oppone e fa ricorso. Le persone rimaste a bordo minacciano lo sciopero della fame ed esprimono la volontà di chiedere la protezione internazionale; una visita degli ispettori dell’Usmaf riscontra un alto rischio psicologico per i 35 e l’8 dicembre, anche senza alcuna pronuncia dei magistrati sul ricorso, scendono tutti a terra.
Tre mesi dopo arriva la sentenza, che fa riferimento alla Convenzione Onu sul diritto del mare cui l’Italia ha aderito. Essa impone l’assistenza «ad ogni naufrago, senza possibilità di distinguere, come sancito nel decreto interministeriale, applicato nella circostanza, in base alle condizioni di salute». Il decreto, scrive quindi il giudice, «è illegittimo in quanto consente il salvataggio (comprensivo dell’approdo e dello sbarco in luogo sicuro) solo a chi sia in precarie condizioni di salute». Non solo. La misura, a parere del magistrato, incide anche sul diritto dei migranti di presentare domanda di protezione internazionale. I 35 avevano espresso infatti la volontà di richiederla e lo Stato ha quindi l’obbligo di registrare la domanda, «consentendo la regolarizzazione, seppure temporanea, della permanenza del migrante sul territorio dello Stato». La violazione di quest’obbligo, inoltre, si pone in contrasto con il divieto di trattamenti inumani e degradanti previsto dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.
«Il giudice – commenta Mirka Schaefer, legale di Sos Humanity – sottolinea l’obbligo dell’Italia di fornire assistenza a ogni persona naufragata, cosa che il governo italiano non ha fatto nel novembre 2022. Inoltre – aggiunge – l’Italia sta violando questo dovere con il nuovo decreto legge del 2 gennaio 2023 che limita la ricerca non governativa e salvare. Per il segretario nazionale di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni, «il tribunale di Catania è stato chiaro, il governo italiano ha violato il diritto internazionale. Il governo Meloni e il ministro Piantedosi si rimangino la vergogna del `carico residuale´». Gli fa eco Antonio Nicita (Pd) che sottolinea «l’incidenza del decreto interministeriale sul diritto dei migranti di presentare domanda di protezione internazionale. Tema che impatta anche sul nuovo decreto Piantedosi, attualmente in vigore».