Catania, una astrofisica alla ricerca dei ‘sosia’ della Terra: l’ultimo dista 31 anni luce

Catania, una astrofisica alla ricerca dei ‘sosia’ della Terra: l’ultimo dista 31 anni luce

Il conteggio dei sosia della Terra continua a crescere: l’ultimo aggiunto all’elenco è distante 31 anni luce ed è quindi al sesto posto tra i pianeti più vicini con una massa simile a quella terrestre e potenzialmente abitabili.

Il nuovo sosia della Terra si chiama Wolf 1069 b, dal nome della stella attorno alla quale orbita, e potrebbe anche ospitare acqua liquida, per lo meno sulla faccia che è perennemente rivolta verso la luce della sua stella: la particolarità di questo pianeta, infatti, è che ruota su sé stesso nello stesso tempo che impiega a girare intorno all’astro, proprio come la Luna, e dunque una sua parte resta sempre al buio. La scoperta, avvenuta grazie al progetto Carmenes, attivo dal 2016 e che utilizza l’osservatorio Calar Alto, in Spagna, è stata pubblicata sulla rivista Astronomy & Astrophysics da un gruppo di ricerca guidati dall’Istituto tedesco Max Planck per l’astronomia (Mpia) di Heidelberg.

«Anche se i pianeti di grandi dimensioni sono i più facili da individuare, quelli piccoli, di dimensioni simili a quelle della Terra come Wolf 1069 b, sono in realtà i più comuni», dice all’ANSA Isabella Pagano, direttrice dell’Osservatorio di Catania dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e responsabile scientifica nazionale per le missioni Plato e Cheops dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa), dedicate proprio alla ricerca dei pianeti esterni al Sistema Solare.
«I prossimi passi in questo campo di ricerca dovranno innanzitutto completare il censimento dei pianeti esterni al Sistema Solare e in seguito- aggiunge – concentrarsi su quelli più promettenti per quanto riguarda la potenziale abitabilità».
La famiglia dei pianeti extrasolari, infatti, si sta allargando sempre più: a gennaio 2023 ne comprendeva già circa 5.300 e molti altri potenziali candidati sono ancora in attesa di conferma.

Questo straordinario viaggio è iniziato nel 1992, con la scoperta dei primi due esopianeti intorno alla pulsar PSR B1257+12: una condizione molto rara, visto che una pulsar è una stella di neutroni che ruota su sé stessa, lanciando impulsi di radiazione elettromagnetica a intervalli regolari. A partire da quella prima pietra miliare, le scoperte si sono succedute sempre più rapidamente: a ottobre 2013 è stato tagliato il traguardo del 1.000esimo pianeta, con l’annuncio di undici pianeti gioviani caldi, mentre abbiamo superato i 2.000 nel 2015, dopo la conferma di Kepler-406 b.

«Attualmente, i progetti dedicati agli esopianeti sono molti, e comprendono sia telescopi spaziali che da Terra», dice la ricercatrice italiana. «In particolare, le missioni si dividono in due tipologie principali. Da un lato ci sono quelle dedicate alla scoperta e allo studio delle caratteristiche come la composizione, ad esempio rocciosa o gassosa: Plato, un satellite munito di 34 piccoli telescopi per la ricerca di pianeti intorno a stelle brillanti, è appunto un progetto di questo tipo. Dall’altro lato – prosegue Pagano – abbiamo missioni che cercano invece di investigare l’atmosfera dei corpi individuati: l’atmosfera racconta la storia chimica del pianeta e della sua formazione e potrebbe nascondere tracce di attività biologica; è quello che farà ad esempio la missione Ariel dell’Esa», un telescopio spaziale che dovrebbe essere lanciato nel 2029.

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