«Io gli scippo la testa! anzi, una volta l’ho salutato pure, perché io lo devo ammazzare vero non per scherzo! Ci vorrebbe non salutarlo pure perché io lo devo ammazzare vero, non per scherzo non gliel’ho detto mai».
Cosi si esprime Gioacchino Badagliacca, uno degli arrestati dai carabinieri, che stanotte hanno eseguito un provvedimento del gip di Palermo nei confronti della famiglia mafiosa di Rocca-Mezzomorreale, nel mandamento di Pagliarelli a Palermo nell’ambito dell’indagine coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia.
Il progetto di omicidio che aveva come obiettivo un architetto, viene rivelato nel corso di una riunione mafiosa svoltasi a settembre scorso a Butera, in provincia di Caltanissetta, dove i partecipanti parlavano liberamente ma – grazie agli investigatori del Nucleo investigativo del reparto operativo dei carabinieri di Palermo guidato dal tenente colonnello Salvatore Di Gesare – le conversazioni sono state captate in tempo reale. La potenziale vittima era un architetto e le ragioni «alla base – si legge nel provvedimento del gip Lirio Conti – nutrito da Gioacchino Badagliacca nei confronti dell’architetto emergevano già all’anno 2020».
Il rancore sarebbe legato alcuni errori nella gestione della pratica amministrativa relativa alla regolarizzazione di un fabbricato di sua proprietà e nella disponibilito’ del figlio, tanto che era stato notificato l’ordine di demolizione. Al termine della riunione è lo stesso capofamiglia Pietro Badagliacca, che suggella la ritrovata pace con il nipote (Gioacchino) con un vero e proprio patto di sangue: «Ti prometto una cosa davanti a mio figlio, anche se c’è il pro e il contro – afferma il boss – l’ammazzo io a (e qui c’è un omissis, ndr) all’architetto, prima di morire te l’ammazzo io». (AGI)