È stato rintracciato alle porte di Milano, in piazza Marinai d’Italia a Sesto San Giovanni, dai carabinieri e poi consegnato alla Polizia penitenziaria: è un ragazzo di origine marocchina di 17 anni il quarto dei sette ragazzi evasi il giorno di Natale dall’Istituto Beccaria tornati in carcere.
All’appello ne mancano ora tre, italiani. Uno dei quattro ragazzi presi è già comparso davanti al giudice delle direttissime che ha convalidato il suo arresto per evasione: ha raccontato che è fuggito perché voleva andare «in una comunità terapeutica». Maggiorenne da alcuni mesi, di origini ecuadoriane, al Beccaria ci era finito ad aprile, ancora minorenne, con altri appartenenti alla baby gang `Z4´, non esattamente una banda di Latinos, dal momento che era composta da ragazzi anche italiani, alcuni addirittura meno che quattordicenni, tanto da essere non imputabili. Proseguono intanto le indagini per ricostruire con esattezza la fuga da film con l’utilizzo anche di un lenzuolo, attraverso un cantiere aperto nel carcere da 16 anni.
Il procuratore dei Minori di Milano, Ciro Cascone, ha effettuato un sopralluogo. «C’è il rischio che, se non si mandano le risorse, se non si presta massima attenzione la situazione possa degenerare facilmente – ha detto il magistrato – Sono ragazzi che vengono da storie difficili, traumatiche, da famiglie disgregate, bisogna fornire loro un approdo, un a’ncora di salvataggio, e non lasciarli in condizioni peggiori rispetto a come sono entrati». Famiglie che, però, in almeno due occasioni hanno convinto i ragazzi evasi a tornare al Beccaria.
Gli evasi tornati sono stati messi in isolamento. Per loro, ultimata la fase istruttoria, è previsto un trasferimento, come già accaduto per i responsabili della `rivolta´ con tanto di incendi avvenuta alla notizia della fuga. Per sette, si è avuto conferma in ambiti del Ministero della Giustizia, il trasferimento è già scattato: due sono a Catania, gli altri a Bari, Catanzaro, Potenza, Palermo e Caltanissetta.
Che i minori rappresentino un `nervo scoperto´ per il sistema Giustizia nel nostro Paese è testimoniato dalle parole del ministro Carlo Nordio: «Quanto successo nel carcere Beccaria di Milano è l’ultima spia di un crescente e allarmante disagio giovanile, di cui tutti, ciascuno nel proprio ruolo, siamo chiamati ad occuparci. Confido che gli interventi, attuati e programmati da parte del Ministero, possano contribuire a creare le migliori condizioni possibili perché non tornino più a delinquere i ragazzi ospiti degli istituti penali minorili», ha detto l’ex procuratore di Venezia. Nordio segue «con preoccupazione» gli sviluppi della situazione dopo l’evasione e proporrà «l’istituzione di un tavolo interministeriale» sulla devianza giovanile”. Ha anche assicurato che il Beccaria avrà non più un `facente funzione´ ma un direttore scelto tra i 57 che hanno vinto il concorso e stanno ora affrontando la formazione.
Per il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, sono comunque necessarie nuove strutture. «Per le carceri vedremo di recuperare in pochi mesi quanto altri non hanno fatto per anni – detto -. Mancano risorse, personale, carceri: il nuovo piano carceri è uno dei miei obiettivi che come ministro mi pongo».
Il cappellano, don Claudio Burgio, descrive la situazione, ancora tesa nelle `camerette´ del Beccaria spiegando che i ragazzi «sono agitati, sbattono sulle sbarre, chiamano gli agenti in continuazione per bisogni anche improbabili, sono provocatori a livello verbale» . Dai ragazzi, secondo il sacerdote, sembra però arrivare una `sconfessione´ del gesto degli evasi: «Hai visto che siamo rimasti e abbiamo aiutato a mettere a posto?’ – gli hanno detto ieri -, per far capire che non assecondano queste `cavolate´. Il giudizio che hanno su chi è andato via è impietoso: li considerano dei bambini, immaturi». Il messaggio che vorrebbe dare lui agli evasi è quello di «avere il coraggio ed essere per una volta nella vita responsabili. E capire che scappare non è la soluzione».