Il Tribunale di sorveglianza di Palermo ha concesso la riabilitazione all’ex presidente della Regione siciliana Salvatore Cuffaro, condannato a 7 anni di carcere per favoreggiamento alla mafia.
Il provvedimento fa cessare gli effetti penali della condanna. Ma resta, comunque, nonostante la riabilitazione l’interdizione perpetua dai pubblici uffici stabilita in sentenza. Dunque, Cuffaro, non si potrà ancora candidare per i prossimi sette anni, come prevede la cosiddetta `legge spazzacorrotti´. L’ex Governatore Salvatore Cuffaro, – scrivono i giudici – dopo avere spiato la pena, «ha concretizzato una pluralità di elementi positivi del recupero a un corretto modello di vita».
«Poco dopo la scarcerazione – scrivono -Cuffaro ha ritenuto di manifestare pubblicamente la presa di distanza dal fenomeno mafioso dichiarando che `la mafia è una cosa schifosa”. Poi i magistrati hanno richiamato anche l’opera di volontariato di Cuffaro, «recandosi in Africa, nel Burundi, presso l’ospedale Cimpaye Sicilia mettendo a disposizione della comunità locale le proprie capacità organizzative e sanitarie al fine di favorire un più ampio progetto di assistenza».
L’ex Presidente della Regione siciliana Salvatore Cuffaro ha avuto la riabilitazione dai giudici di sorveglianza di Palermo perché «ha dato prova effettiva e costante di buona condotta, nella accezione legislativa e giurisprudenziale di questo termine». Lo scrivono i giudici nel provvedimento visionato dall’Adnkronos. «Non soltanto – dicono i giudici – infatti il soggetto non risulta avere commesso condotte illecite o comunque negativamente valutabili ma, come visto, ha posto in essere numerose attività – sia risarcitorie, sia di impegno civile assiologicamente antitetiche rispetto al grave fatto reato posto in essere, sia concretizzati la volontà di mettere a frutto l’esperienza dignitosamente maturata in carcere dando voce a soggetti il cui status è stato condiviso per lunghi anni, sia quelle denotanti la volontà di accrescimento personale e di divulgazione culturale funzionali ad una ampia e compiuta risocializzazione – che, nel complesso, integrano in pieno quegli elementi sintomatici estrinseci che la legge richiede per dimostrare la buona condotta e quindi, coerentemente alla ratio legislativa- l’avvenuta emenda. Da ciò il diritto in capo all’interessato ad ottenere il chiesto beneficio e l’obbligo, da parte di questa autorità giudiziaria di concederglielo, proprio al fine di far venire meno limitazioni burocratico-legislative che ostacolerebbero la descritta avviata risocializzazione e rieducazione».