Palermo, Corte d’Appello conferma condanna al settimanale L’Espresso per diffamazione contro Crocetta

Palermo, Corte d’Appello conferma condanna al settimanale L’Espresso per diffamazione contro Crocetta

La prima sezione civile della Corte d’Appello di Palermo ha confermato la condanna del Gruppo Editoriale L’Espresso, oggi Gedi, dell’ex direttore responsabile Luigi Vicinanza e dei giornalisti Piero Messina e Maurizio Zoppi: dovranno pagare 50 mila euro per i danni procurati all’ex presidente della Regione Sicilia, Rosario Crocetta, per la diffamazione da lui subita a causa di un articolo scritto dai due cronisti.

Nel pezzo, pubblicato sul settimanale L’Espresso il 16 luglio 2015, dal titolo: «Il medico a Crocetta: `La Borsellino va fatta fuori come il padre”«, si parlava di una presunta intercettazione di una conversazione telefonica tra Crocetta e il medico Matteo Tutino, chirurgo plastico e sanitario di fiducia dell’ex governatore.

Secondo il settimanale, Tutino avrebbe usato parole molto dure nei confronti dell’assessore regionale alla Sanità del governo Crocetta, Lucia Borsellino, dicendo che si doveva «fare fuori come il padre», il giudice Paolo Borsellino, ucciso nel 1992 da Cosa nostra. L’ex presidente della Regione avrebbe ascoltato silente, senza replicare alcunché. L’intercettazione fu quasi subito smentita dalla Procura di Palermo, ma in altri articoli, note ed editoriali pubblicati nei numeri successivi e online, L’Espresso la avrebbe in qualche modo confermata, precisando e puntualizzando ma senza mai smentire. Ora i giudici hanno ribadito la responsabilità dei «convenuti», assistiti dagli avvocati Virginia Ripa di Meana ed Ercole Noto Sardegna, ribadendo il risarcimento a favore di Crocetta, difeso dagli avvocati Michele Romano e Vincenzo Lo Re.

Scrivono i giudici nella motivazione: «La frase `come suo padre´, riportata soltanto da L’Espresso e la cui esistenza, all’interno della conversazione intercettata, è stata ripetutamente sostenuta dagli appellanti», attribuisce alla conversazione ( in modo del tutto infondato) «una gravità e un carattere riprovevole estremamente profondi ». Con la sentenza – si legge in una nota degli avvocati Lo Re e Romano – «la diffamazione perpetrata dagli appellanti in danno dell’onorevole Crocetta, alla luce dei `Criteri orientativi per la liquidazione del danno da diffamazione a mezzo stampa e con altri mezzi di comunicazione di massa´, è stata qualificata di `elevata gravità´ ed è stata confermata la statuizione di condanna alla pubblicazione della sentenza sul settimanale L’Espresso». (AGI)

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