Un racconto autobiografico che il regista inseguiva «da sempre», rimandando per un motivo o per l’altro la sua personale `resa dei conti´ con l’infanzia e l’adolescenza: è `L’Immensità´, di Emanuele Crialese, terzo film italiano in concorso che debutta alla Mostra del Cinema di Venezia, interpretato da Penelope Cruz e Vincenzo Amato.
Un film molto atteso, ambientato in una Roma anni Settanta: un mondo sospeso tra quartieri in costruzione e varietà televisivi ancora in bianco e nero, conquiste sociali e modelli di famiglia ormai superati. Clara e Felice si sono appena trasferiti in un nuovo appartamento. Il loro matrimonio è finito: non si amano più, ma non riescono a lasciarsi. A tenerli uniti, soltanto i figli, su cui Clara riversa tutto il proprio desiderio di libertà. Adriana, la più grande, ha appena compiuto dodici anni ed è la testimone attentissima degli stati d’animo di Clara e delle tensioni crescenti tra i genitori. La ragazza rifiuta il suo nome, la sua identità, vuole convincere tutti di essere un maschio e questa ostinazione porta il già fragile equilibrio familiare a un punto di rottura. Mentre i bambini aspettano un segno che li guidi, che sia una voce dall’alto o una canzone in tv, intorno e dentro di loro tutto cambia.
«L’Immensità – spiega Crialese – è il film che inseguo da sempre: è sempre stato `il mio prossimo film´, ma ogni volta lasciava il posto a un’altra storia, come se non mi sentissi mai abbastanza pronto, maturo, sicuro. È un film sulla memoria che aveva bisogno di una distanza maggiore, di una consapevolezza diversa. Come tutti i miei lavori, in fondo è prima di tutto un film sulla famiglia». Protagonista una intensa Penelope Cruz, che il regista non manca di elogiare: è un film, spiega, «sull’innocenza dei figli, e sulla loro relazione con una madre che poteva prendere vita solo nell’incontro, artistico e umano, con Penelope Cruz, con la sua sensibilità e la sua straordinaria capacità di interazione con tre giovanissimi non attori che non avevano mai recitato prima. Luana, Patrizio e Maria Chiara sono rimasti bambini sempre, e come tali sempre intensamente e immensamente veri».
A Venezia ieri, tra le tante altre pellicole, spazio anche a un film di denuncia contro la piaga della violenza sulle donne: passa stasera in concorso nella sezione Orizzonti Extra, `Red Shoes´, film drammatico diretto da Carlos Eichelmann Kaiser e interpretato da Eustacio Ascacio, Natalia Solian, Phanie Molina e Rosa Irine Herrera. Una co-produzione Messico/Italia, distribuito in Italia da 102 Distribution, il film affronta la tematica della redenzione spirituale, messa in luce dai due personaggi principali. Il titolo nasce da un elemento simbolico, le scarpe rosse, che rappresentano la lotta contro ogni tipo di abuso di genere e la denuncia contro la violenza sulle donne. La proiezione ufficiale viene preceduta da un’installazione posta sul red carpet della sala Giardino: è arrivata infatti al Lido l’artista messicana Elina Chauvet che, dando vita al movimento, realizzò per la prima volta nel 2009, un’installazione artistica di scarpe rosse esposta nelle strade, nelle piazze, nelle scuole, nei palazzi del potere, in risposta all’ondata di femminicidi di quel periodo in Messico.