di Luigi Sapienza
La vicenda della cosiddetta “riconfigurazione” della fontana di Piazza della Regione a Paternò, voluta dall’amministrazione comunale e iniziatasi nel gennaio 2022, sta volgendo al termine.
Di seguito, pertanto, in qualità di storico dell’arte e di studioso nello specifico di fontane da molti anni, ritorno sull’argomento per provare a fare il punto della situazione, senza dilungarmi sui fatti pregressi che sono già stati riassunti in altri articoli nei mesi passati. Com’è noto, la Soprintendenza di Catania bloccò il cantiere della fontana tra febbraio e marzo 2022 e diede il nulla osta a procedere solo a determinate e ben dettagliate condizioni relative al mantenimento di estetica e funzionalità dell’opera in questione.
Ora che il cantiere è alle battute finali e il monumento appare prossimo alla consegna, è possibile analizzarlo e tirare alcune conclusioni, sia tecniche che storico-artistiche.
Il presupposto necessario e imprescindibile è che stiamo parlando di una fontana e che, pertanto, perché essa risulti tale e possa esprimere pienamente il suo potenziale comunicativo e formale è fondamentale la presenza dell’acqua. Ciò può apparire banale, ma poiché spessissimo l’argomento viene frainteso o male interpretato, non ci stancheremo mai di ripeterlo: in una fontana monumentale, quale quella presa in esame (di alto livello), l’acqua svolge un ruolo primario, aggregativo, conformante e performante solo se essa vi è immessa in modo sostanzioso ed organico.
La differenza tra un monumento asciutto ed una fontana monumentale è appunto l’interazione costante tra gli elementi strutturali e l’acqua, che con essa si rapportano, interagiscono, stabiliscono legami visivi e fisici; e non basta la presenza di uno o più spruzzi (poniamo) all’interno di una vasca per sviluppare un vero e compiuto gioco d’acqua (gli esempi di fontane malriuscite o trascurabili, dove ad esempio al centro è presente una statua e poi pochi zampilli distaccati sui bordi, si sprecano): una fontana monumentale compiuta è incentrata su detto rapporto, ne viene anzi giustificata, perché altrimenti sarebbe altro: una statua commemorativa, un monumento ai caduti e così via.
La fontana di Piazza della Regione si presenta attualmente, a lavori quasi ultimati, del tutto defici-taria sotto questi aspetti (che prima invece, quando funzionante, deteneva). Fortunatamente, a seguito del vincolo imposto dalla Soprintendenza, la disposizione dei moduli strutturali e delle opere musive e scultoree non è stata alterata e si è così evitato il disastro completo di una dissoluzione del progetto originario (che il Comune di Paternò aveva malauguratamente proposto).
Tuttavia passando ad una lettura più specifica, gli appunti non mancano:
la Soprintendenza aveva in ogni modo possibile specificato nel documento relativo che l’acqua doveva rimanere l’elemento basilare della composizione, insistendo nell’area centrale (corrispondente di fatto allo spazio prodotto dall’ubicazione dei tre pannelli musivi e dall’aggetto su cui poggiano le statue delle Ninfe). Posto che è stato concesso di non bagnare direttamente i pannelli musivi (il che ha una sua logica per via del veloce stratificarsi del calcare sulla superficie), gli ugelli che dovrebbero simulare la sorgente termale connessa al mito delle Ninfe, dove sarebbero? Gli unici ugelli visibili si trovano rasoterra alle spalle del gruppo scultoreo (decisamente troppo distanti, inoltre, dal gruppo stesso, con il quale invece è fondamentale una più diretta interazione), ma i problemi di queste carenze non sono soltanto questi: per come ad oggi appare impostata la ricolmatura della vasca (pure permessa dalla Soprintendenza ma solo fintanto che ciò non compromettesse la funzionalità esecutiva della fontana stessa) non esiste nessun recipiente destinato a contenere l’acqua che i detti ugelli (in ogni caso troppo distanziati dalla struttura e in numero esiguo) riverseranno in loco. La vasca interna preesistente (da distinguere dal primo spazio che intercorreva tra la demolita balaustra esterna e il perimetro su cui poggiano tuttora la parti cementizie) è stata infatti interamente colmata con una copertura in ciottoli di fiume (tra l’altro, per quello che si vede, neanche correttamente livellata) che sviluppandosi in un unico piano contiguo, che si espande fino all’area calpestabile della piazza, permetterà alla (poca) acqua di fuoriuscire dal monumento stesso, spargendosi in rivoli e pozzanghere tutt’intorno e contribuendo a insozzare e maleodorare la piazza stessa.
L’assenza di una vasca di contenimento o di un dislivello interno permetterà altresì a chiunque, bambini compresi, di introdursi letteralmente dentro la fontana, danneggiandone parti artistiche e componenti tecniche e calpestando gli ugelli, con conseguenze ovvie. Stesso discorso può farsi per statue e pannelli musivi che, ritrovandosi adesso completamente esposti ad una interazione diretta col pubblico, potranno venire sottoposti ad ogni genere di vandalismo (scritte spray, graffi, asportazione di tasselli, macchie di cibo e bevande, etc) rendendo il dichiarato (e assolutamente opinabile) intento dell’amministrazione di “eliminare le barriere architettoniche” (come se queste fossero capitate lì per caso, senza funzione alcuna) tanto più ridicolo e deleterio di quanto non fosse il naturale stato di degrado della fontana prima di tale riconfigurazione.
La Soprintendenza pertanto non resti a guardare e faccia la sua parte: in queste condizioni, la fontana è assolutamente privata di quasi tutte le sue caratteristiche funzionali legate alla presenza dell’acqua, alla sua gestione, al suo riciclo interno e al gioco della stessa con le parti della struttura, oltreché gravemente esposta ai comportamenti spesso incivili e distruttivi del pubblico, sui quali è inutile illudersi ben conoscendo le vicende passate di altri monumenti paternesi. Affinché tra poco tempo questa fontana non si ritrovi in condizioni addirittura peggiori di quelle precedenti alla riconfigurazione e perché possa ancora valorizzare in pieno la piazza in cui sorge, è necessario da subito intervenire e spingere l’amministrazione comunale a rimediare alle lacune qui passate in rassegna, come d’altronde già specificato dalla Soprintendenza stessa.
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