Che tipo di auto useremo nel prossimo futuro? Elettriche, ibride?
Non possiamo rispondere a questa domanda, senza aver prima capito come si evolveranno le nostre relazioni con le città, con le persone, con lo spazio abitato e coltivato. La questione centrale è che dobbiamo capire cosa vogliamo e possiamo spostare da un luogo all’altro. L’era digitale, accelerata dalla pandemia, ci restituisce un palinsesto di nuovi scenari che ci obbligano a ripensare ogni cosa in quasi tutti gli ambiti della nostra esistenza. Nulla sarà come prima e improvvisamente tutto è come fosse diventato preistoria.
Ma il nostro modo di pensare rimane ancorato a vecchi schemi, anche se le guerre di questi giorni ci costringono a fare valutazioni nuove sui monopoli della produzione energetica, industriale, digitale e alimentare. Dalla delocalizzazione alla ricollocazione, dalla concentrazione produttiva alla differenziazione. Una sterzata improvvisa che pandemia e guerra stanno imponendo come una priorità. Rimane attuale l’esigenza di movimentare manufatti, persone, energia, alimenti e dati. Dai luoghi della produzione-raccolta a quelli del consumo, con il più basso costo energetico e ambientale. L’obiettivo principale delle comunità politiche-economiche è il raggiungimento dell’autonomia rispetto ai monopoli produttivi, frutto della globalizzazione. In questo senso si spostano gli interessi delle comunità di potere verso nuovi giacimenti, acquisiti o da acquisire per impossessarsi dei nuovi materiali, in particolare i minerali preziosi, quelli che fanno funzionare la società digitale ed ecologica.
Questo momento storico è carico di tensioni a causa dell’incertezza tecnologica e ambientale.
Le fonti energetiche tradizionali sono in via di esaurimento, non più sufficienti a sostenere la sempre più richiesta di energia. Le nuove fonti rinnovabili sono condizionate dall’uso di minerali che spostano l’asse geografico degli interessi politici. Dal petrolio al silicio, per fare un esempio. Questo ci spiega le crisi politiche e le guerre attuali nel mondo.
Ma torniamo a noi.
La forma delle città dipenderà anche dalle possibili modifiche tecnologiche che cambieranno i rapporti tra le parti. Gli investimenti sulla mobilità pubblica, alle diverse scale; le innovazioni sulle modalità della guida assistita che ci trasformerà in passeggeri, riducendo la funzione di guidatori; le norme che impongono l’eliminazione del diesel e della benzina entro il 2035; la necessità di rendere l’ambiente sempre meno inquinato, sono tra i tanti fattori che determineranno un radicale cambiamento.
Nell’Ottocento, la fognatura e il marciapiede hanno determinato la trasformazione dei piani terra – prima residenziali – in spazi commerciali. Il trasporto con i droni e i robot rivoluzioneranno questo paradigma che perdura da circa duecento anni. Forse i piani attici saranno i nuovi ingressi delle abitazioni e i piani terra i depositi. Fantascienza? Utopia? Lo era anche l’aeroplano e lo sbarco sulla luna. Arriverà a casa, negli uffici e nei borghi, tutto, attraverso l’uso di ‘app’, una specie di Amazon planetario e locale. Forse più che spostarsi con la propria auto ci sposteremo con nuovi tax gestiti dall’intelligenza artificiale. C’è da chiedersi cosa faremo delle patenti di guida. Ma stiamo andando oltre.
Affascinano le nuove frontiere normative come quelle Smarter Italy con il primo bando dedicato alla mobilità sostenibile.
Un programma di sperimentazione da 8,5 milioni di euro per la “Smart Mobility” di borghi e città pubblicato dal Ministero per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale con i fondi del PNRR. Un’opportunità per ridisegnare le città e l’armatura della mobilità. L’obiettivo è quello di ridurre i consumi di energia e di aumentare la qualità dell’aria e delle città.
Le strade, le automobili e i luoghi abitati saranno interconnessi. Sarà determinante trasformare alcuni spazi – parchi, musei, monumenti, spiagge, – in luoghi “esperenziali” dove la dimensione sensoriale sarà amplificata. Sarà possibile visitare un mercato nel “metaverso” virtuale oppure andare in un vero mercato come eccezione. Per questo la sfida dei piccoli centri, dei borghi italiani, dei centri storici, delle città d’arte e delle riserve naturalistiche, anche nelle aree interne, sarà tutta nella capacità di essere “accessibili” e “interconnessi” ma nello stesso tempo portatori di quelle specificità culturali e naturali che li rendono uniche e speciali.
Ma c’è una questione che sembra irrisolta come la possibilità che alcuni Paesi (con poca affidabilità incerta sul piano politico) possano monopolizzare le tecnologie e l’acquisizione delle materie prime, utili per avviare queste transizioni ecologiche. In questo senso dobbiamo capire meglio e ampliare il significato di “sostenibilità” estendendolo anche al pericolo di posizione dominante nella produzione che farebbe riemergere le vicende sul gas russo che in questi giorni ci preoccupa tanto. L’Europa è oggi il mercato più ricco del mondo e quindi il più fragile e sottomesso alle pressioni esterne. L’Europa deve essere più lungimirante e più coerente alla sua vocazione culturale.
Quindi le automobili cambieranno la forma delle città, ma cambieranno il nostro modo di usarle e acquisirle.
Tra circa vent’anni, ci saranno più magazzini per lo stoccaggio delle merci, alcune città si svuoteranno per accogliere la popolazione dei piccoli centri – quelli che si saranno attrezzati in tempo. Useremo piccole macchine, per i piccoli spostamenti, forse non saranno nemmeno di nostra proprietà e il “car sharing” sarà diffusissimo. Quindi mobilità pubblica per i grandi e medi tragitti e privata per i piccoli spostamenti. Cambia l’idea stessa di automobile di famiglia o di rappresentanza. Una rivoluzione annunciata.
C’è una bella pubblicità dell’Audi che propone “Join the re-generation” (https://www.youtube.com/watch?v=fv1bxE3sY4U). Un nuovo modo di immaginare la mobilità. Ma servono le strade e i paesaggi della pubblicità, per poterle apprezzare pienamente queste macchine del futuro che hanno bisogno di essere inserite in un contesto di qualità scenografica e fotografica. E allora forse – almeno noi – dobbiamo ripartire dal restauro del paesaggio, delle strade, delle architetture; questo può essere il nostro impegno nell’immediato. Poi non sappiamo chi comprerà queste macchine fantascientifiche e perché.
Intanto le guardiamo in televisione e sogniamo di spostarci con esse. Per la Comunità Europea il futuro è già presente e il parco automobili tra circa dieci anni sarà completamente rivoluzionato. Restiamo in attesa con ottimismo. Intanto la benzina è alle stelle.