Catania, Eschilo inaugura il festival ‘Amenanos’: al teatro greco-romano

Catania, Eschilo inaugura il festival ‘Amenanos’: al teatro greco-romano

A Catania, ha preso avvio il 18 maggio il festival del Teatro Classico, Amenanos, che giunge quest’anno alla sua terza edizione, dopo l’interruzione causa covid.

Il teatro greco-romano di Catania è un piccolo gioiello architettonico incastonato nel cuore del centro storico, a due passi dalla Cattedrale, e che ha una particolarità unica: al suo interno, sotto quella che un tempo era l’orchestra, scorre ancora ed è visibile l’Amenano, il fiume sotterraneo della città che un tempo scorreva in superficie e dopo le eruzioni e i terremoti del 1600, si è ingrottato.
Un fiume scorre sotto il teatro, un fiume che i catanesi considerano come un simbolo della forza e della continua volontà di rinascere.

Per questa ragione, in omaggio alla città, alla sua storia, alla sua millenaria cultura, un giovane imprenditore -impresario si diceva una volta per chi investiva negli allestimenti teatrali- appassionato e visionario, Michele Di dio, ha concepito l’idea di dare a questo festival il nome di Amenanos e di riportare gli spettacoli dentro questo luogo così bello e magico che fino agli Ottanta era stato sempre sede di rappresentazione della lirica (le stagioni estive del Teatro Massimo Bellini) e della migliore prosa. Poi, nel tempo, solo qualche esibizione di musica pop o leggera e poco più. Per molti anni era rimasto chiuso e abbandonato.

Da poco riaperto alla fruizione turistica, il teatro è stato recuperato anche per qualche concerto di musica classica e altre forme di spettacolo.
Combattendo battaglie titaniche con amministrazioni ed enti che non hanno decisamente agevolato l’operazione, Michele Di Dio ha voluto fortemente questo festival e lo ha anche arricchito di una sezione dedicata al teatro delle scuole, il festival Amenanos Neòs, (dedicato alla Prof.ssa Concetta Oliveri) in collaborazione con la scuola partner, il Liceo classico “Mario Cutelli e Carmelo Salanitro” di Catania, la cui dirigente, la Prof.ssa Elisa Colella, ha subito sposato l’idea che si pone l’obiettivo di mettere a confronto i laboratori teatrali di varie scuole siciliane per dare ai giovani studenti la possibilità di esibirsi e confrontarsi.
Il cartellone di quest’anno propone al pubblico un’offerta di sette spettacoli classici, più le serate dedicate ai giovani.

L’inaugurazione è stata affidata a una fra le più belle tragedie di Eschilo, I sette contro Tebe, con la regia di Cinzia Maccagnano. La terribile storia della lotta fra i due fratelli figli di Edipo è molto nota. Eteocle non ha voluto rispettare il patto sulla condivisione del regno e Polinice si è messo alla testa di un esercito argivo e di sette condottieri per sfidare Tebe.
La tragedia ha una struttura ancora relativamente arcaica. Vero comprimario di Eteocle risulta il coro che qui è tutto femminile, ed è un controcanto emozionale moto forte per la potenza delle voci, per l’inserimento di canti e per i movimenti scenici. La vera praxis della vicenda è prevalentemente raccontata dal messaggero con una tensione drammatica accentuata dal fatto che il resoconto è contemporaneo all’incalzare degli eventi.
Di grande effetto spettacolare è la contrapposizione tra il carattere sprezzante, fermo, senza incrinature del protagonista, e la smarrita isterica concitazione del coro di donne tebane in preda al terrore.
Il motivo antichissimo, presente in molte culture, del fratricidio, si carica della problematica centrale di Eschilo: l’ereditarietà della colpa e gli effetti della contaminazione e della maledizione nell’ambito della struttura sociale del genos.
Gorgia definì la tragedia un dramma “pieno di Ares”; il tono infatti è quello dell’epopea e l’esaltazione della guerra e della difesa della patria.

Usare l’aggettivo magnifico è spesso una scelta quasi obbligata di fronte a spettacoli come questi. Nel caso della rappresentazione di Catania, in questo mese di maggio 2022, non si può usarne un altro.
Effetto collettivo magnifico, impianto scenico fatto di pochi elementi emblematici come il tronco che campeggia al centro della scena che non è un albero rigoglioso ma un fusto con radici legate alla terra.
I costumi, curati da Vincenzo La Mendola, sono eleganti nella loro essenzialità; i guerrieri giganteschi si presentano sulla scena con i loro scudi, Eteocle e Polinice indossano i colori che li contraddistinguono e li distinguono: il primo in rosso e il secondo in verde.

Recitazione di tutti gli attori, dai protagonisti al coro, superba, potente e emozionante. Sul finale, dopo il coro funebre recitato da Antigone e Ismene e dopo l’annuncio dell’araldo che proclama il decreto di Creonte che impedirà la sepoltura per Polinice, una voce si alza dal coro per condannare l’odio che spinge il fratello contro il fratello e come in un sogno, compaiono sulla scena due fanciulli in bianco (due studenti del laboratorio teatrale del Liceo “Cutelli e Salanitro”), le due anime dei guerrieri nemici, che mimano una danza in cui dallo scontro nasce un abbraccio, una riconciliazione, un messaggio d’amore e di pace.

Cast completo:
Eteocle- Massimo Nicolini
Polinice-Massimo Di Michele
Messaggero- Alessandro Romano
Antigone- Alessandra Salamida
Ismene- Valentina Ferrante
Coro- Valentina Ferrante, Alessandra Salamida, Ginevra Di Marco, Gaia Bevilacqua, Maria Chiara Pellitteri
Araldo-Alessandro Mannini
Musiche- Marco Podda
Costumi e scenografia- Vincenzo La Mendola
Il secondo spettacolo è una bellissima narrazione su uno dei miti più conosciuti, soprattutto qui in Sicilia, quello del Ratto di Proserpina.
Ispirandosi alla tradizione antica e mitologica, lo spettacolo è frutto di una riscrittura, a cura di Alessandra Salamida, che ne cura la regia, e vuole essere l’occasione di un viaggio che partendo dall’Inno omerico a Demetra e dalle Metamorfosi di Ovidio, e attraverso suggestioni e frammenti tratti da Claudiano, Goethe, Swinburne, Tennynson e Ritsos, conduce lo spettatore dentro la vicenda mitica del rapimento di Proserpina, in un’esperienza che parla di vita, morte e rinascita, del dolore e dell’accettazione della condizione umana, della paura, dell’eterno ritorno e dell’amore.

L’amore declinato in tutte le sue forme: primo fra tutti quello di una madre (Valentina Ferrante altera e straziata nella voce e nella postura) che ha perso la figlia che cerca in tutte le terre e che, quando la ritrova, è costretta a lasciare per sei mesi l’anno. L’amore di una figlia che crescendo è costretta a staccarsi dalla madre per trovare la sua strada, la sua maturità (così è stato sempre letto in chiave psicanalitica il mito). L’amore per la terra di Sicilia, che qui viene omaggiata per la sua bellezza. L’amore di un’amica, Ciane, che per difendere la compagna Proserpina sopporta di essere trasformata in un fiume. E poi, su tutto, l’amore che è passione dei sensi e dell’anima, l’amore di Plutone che è travolto dal desiderio per la fanciulla che raccoglieva fiori sul lago di Pergusa e che lui rapisce e vuole per sé nel regno dell’Ade, che vuole fare innamorare “non per inganno ma per amore”.
L’amore di Proserpina che resta ammaliata, posseduta dal fascino del dio che gli fa assaggiare il frutto dai poteri magici, il melograno.
Anche qui i costumi sono davvero belli, eleganti nella scelta dei colori e delle stoffe, alcuni sensuali, altri rigorosi, frutto di una fantasia lasciata libera in questo caso di immaginare e riproporre soggetti tanto cari alla storia dell’arte (come non ricordare Bernini?)
In un crescendo narrativo coinvolgente tutti questi elementi vengono qui mescolati e resi magistralmente. Ogni frammento drammatico è pura emozione in una sinestesia sensoriale che tra colori, luci, voci, movimenti ci conduce a una danza finale, un valzer sensuale travolgente che mima l’abbraccio e il desiderio tra Proserpina e Plutone.
Il mito, in fondo, è la spiegazione dell’esistenza stessa, del conflitto di Proserpina eternamente divisa, del continuo ripetersi delle stagioni, dell’eterno ritorno.

Cast completo:
Proserpina- Alessandra Salamida (che cura anche la regia)
Cerere – Valentina Ferrante
Plutone- Massimo Di Michele
Mercurio- Alessandro Romano
Cupido- Salvo Lupo
Elios- Alessandro Mannini
Ciane –Giulia Diomede
Parca- Rita Abela
Venere- Maria Chiara Pellitteri
Erinni – Ginevra Di Marco, Gaia Bevilacqua
Costumi e scenografia – Vincenzo La Mendola
Canto lirico originale di Ciane di Marco Podda
Altri spettacoli in cartellone saranno Cicerone in Sicilia (26 maggio), Arianna nel labirinto (28 maggio), Odissea, verso Itaca (29 maggio), Aiace di Ritsos (29 maggio), Medea (30 maggio)

Loredana Pitino

Riguardo l'autore Loredana Pitino

Mater, magistra, mulier. Cresciuta dentro il Teatro Bellini che considerava il suo personale parco giochi. Appassionata di teatro e cinema, un tempo aspirante attrice, affamata di tutto quello che è arte e rappresentazione perché la vita è teatro e possiamo capirla solo con la lente della finzione. Docente maieutica. Malinconica come Pessoa, sognatrice come Fellini, cinica come Flaiano. Sempre in cammino, sempre senza meta. Illuminista, prof-letaria.

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