Avrebbe chiesto il `pizzo´ al titolare di un bar-ristorante di Riposto dieci giorni dopo l’apertura del locale, ottenendo per quieto vivere non una tangente mensile ma `regalie forzate´.
È l’accusa contestata dalla Procura distrettuale di Catania a un 34enne che è stato arrestato da carabinieri per estorsione aggravata dal metodo mafioso.
L’indagato, nel settembre del 2020, era stato coinvolto nell’inchiesta `Iddu´ che sfociò nell’emissione da parte del Gip di 22 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di presunti appartenenti al gruppo di Riposto della `famiglia´ di Cosa nostra catanese Santapaola-Ercolano. È in quel contesto che, ricostruisce la Procura, il 34enne avrebbe «avvicinato» l’esercente nel suo locale avanzando la richiesta di una tangente di 250 euro al mese, come `contributo destinato al supporto delle famiglie dei detenuti´.
L’esercente si rifiutò di pagare, ma per «quieto vivere», conoscendo la caratura criminale del suo estortore, accettò di cedere merci al 34enne o a suoi emissari e a realizzare banchetti nel proprio locale in occasione del compleanno della moglie dell’indagato o per festeggiamenti di suoi amici, ad un prezzo imposto e, comunque, versato e soltanto in parte o per nulla.
L’esosità delle «regalie forzate» avrebbe spinto la vittima a confidare al suo estortore che, forse, avrebbe complessivamente risparmiato sulla somma iniziale del «pizzo» che comunque si rifiutò ancora di pagare, e che, contesta la Procura, fu nuovamente, anche se velatamente, richiesto da un familiare del 34enne.
Nell’inchiesta è confluita anche attività tecnica d’intercettazione eseguita dai carabinieri che hanno indagato. Il 34enne, dopo l’arresto, è stato condotto nel carcere catanese di Bicocca.