“I Diavulazzi’i Pasqua”, storica rappresentazione dell’eterna lotta tra il bene e il male, va in scena la Domenica di Pasqua nella centrale Piazza Umberto di Adrano.
Costituita dall’unico atto drammaturgico di Diavolata e Angelicata, è tra i momenti più attesi della tradizione locale e racchiude in sé non soltanto le simbologie cristiane del testo scritto nel 1752 da Don Anselmo Laudani ma anche storie di ruoli tramandati da generazioni.
Il Corriere Etneo ha chiesto ai coniugi Di Stefano e Turi Sciacca di ripercorrere la loro storia familiare di attori locali che hanno recitato in questo dramma religioso.
La signora Maria Di Stefano, figlia di Salvatore Di Stefano, impiegato del Circolo Operai che per anni ha impersonato Lucifero, da piccola ha recitato nei panni dell’Umanità e dell’Angelo, per poi diventare assistente di scena:
«Siamo un gruppo familiare che si tramanda la tradizione da generazioni. Ho iniziato a recitare da piccola e adesso faccio la suggeritrice e insegno la parte ai bambini. Ogni anno ritorno in scena con i ricordi passati di ciò che facevano mio padre e mio zio Francesco, i miei avi e cerco di fargli onore. Ricordo ancora la grinta e i consigli che dava mio padre ai bambini in modo tale che si immedesimassero nel personaggio. Diceva loro ‘sei il bene che sta litigando sul male, cosa facciamo vincere? Sconfiggiamo questo male’. Ora io utilizzo la stessa tecnica chiedendo loro di immaginare e simulare un litigio con i fratelli, ad esempio, così da tirare fuori la loro voce la domenica di Pasqua quando diranno che il bene trionfa sul male».
Turi Sciacca interpreta la parte di Lucifero, tramandatagli dal suocero Salvatore Di Stefano:
«Dalla nostra famiglia abbiamo appreso il valore di questa bellissima rappresentazione: il fratello di mio suocero, Francesco Di Stefano, ha impersonato la Morte per tanti anni e adesso mio figlio Federico interpreta un altro dei diavoli. È una tradizione tramandata da padre in figlio e da suocero a genero.
Salire sul palco la domenica di Pasqua è sempre un’emozione ma le prove costituiscono la parte più significativa perché è lì che si organizza tutto, specialmente con i bambini dei quali ci occupiamo io e mia moglie per ciò che riguarda la tecnica, la recitazione e la vestizione. Domenica inizieremo molto presto, già dalle nove di mattina, per andare in scena a mezzogiorno e la sera, replica introdotta nel 2001. È una bella faticaccia ma è indubbiamente gratificante, anche perché la sera, con le luci, gli effetti scenografici risaltano maggiormente. Inizialmente venne addirittura rappresentata con dei bracieri poi sostituiti dalle luci per motivi di sicurezza, alcune fiamme vengono riprodotte con degli effetti speciali scenografici.
Per due anni la Diavolata non è andata in scena a causa della pandemia e quest’anno abbiamo preparato tutto in poco tempo, perché la situazione era incerta e aspettavamo le disposizioni dell’amministrazione. I bambini sono da elogiare, hanno imparato la parte in fretta. Le prove sono impegnative, in genere si fanno mesi prima fino alla domenica di Pasqua, perché i bambini hanno bisogno di tempo senza essere stressati e non bisogna mai forzarli, devono scegliere loro di recitare, non bisogna mai proiettare in loro i nostri desideri. Il messaggio della Diavolata spero arrivi soprattutto in quest’anno difficile che stiamo vivendo con la guerra in corso. Auguriamoci solo che sia l’amore a vincere su tutto».