Sicilia, riorganizzazione Soprintendenze: la cura dimagrante ai Beni culturali perde di vista le soluzioni

Sicilia, riorganizzazione Soprintendenze: la cura dimagrante ai Beni culturali perde di vista le soluzioni

Non è facile districarsi nei meandri della burocrazia regionale.

Sicilia, riorganizzazione Soprintendenze: la cura dimagrante ai Beni culturali perde di vista le soluzioniNé, tantomeno, distinguere – tra le critiche – quelle svincolate dagli interessi di “campo” o dalle segreterie di partito. Non è facile in questo momento ma possiamo tentare attraverso una riflessione complessiva, un ragionamento più ampio.
La giunta regionale in Sicilia, con la delibera 108 del marzo 2022 ha di fatto – in riferimento all’organizzazione delle Soprintendenze ai BB.CC.AA – ristrutturato l’armatura di governo di questi uffici; per semplificare ha deciso di accorpare alcune aree tecnico-scientifiche in macro aree. Traducendo in termini economici, la Regione Sicilia, ha messo le basi per risparmiare i costi generali, diminuendo il numero dei dirigenti afferenti alle aree di cui sopra.
In pratica un ritorno al passato, prima di quella stagione che vide la moltiplicazione esponenziale delle figure dirigenziali dentro le Sovrintendenze.

Una cura dimagrante della macchina burocratica che assomiglia molto a quella avviata, negli ultimi anni, dallo stesso ministro della Cultura, Dario Franceschini; anche quella frutto di una necessità impellente, abbassare i costi di gestione. E se vogliamo cogliere il senso, basta pensare alla riforma della scuola dell’ex ministro Gelmini (che allora governava quel dicastero) che con la scusa del riordino dei cicli scolastici, fece sparire l’insegnamento di Storia dell’Arte da tanti indirizzi e non solo.

In sostanza, le macro aree afferenti ai beni: architettonici, paesaggistici, archeologici, storico-artistici, archivistici, bibliografici e demo-etno-antropologici – a cui corrispondevano altrettanti dirigenti – possono essere aggregate impegnando meno personale dirigenziale. Questo comporta che a dirigere le macro area saranno chiamate figure tecnico-scientifiche non necessariamente corrispondenti a tutti i settori. Facciamo un esempio: la macro area architettura-paesaggio-archeologia potrebbe essere affidata a un dirigente archeologo o architetto; ovviamente coadiuvato da uno staff specialistico composto da figure afferenti alle aree specialistiche che garantisce la qualità del servizio richiesto (requisito indispensabile, approccio multidisciplinare). Questo nelle intenzioni della giunta regionale.

Sicilia, riorganizzazione Soprintendenze: la cura dimagrante ai Beni culturali perde di vista le soluzioniLe preoccupazioni sono legittime perché una cosa è la norma e una cosa è l’applicazione. Insomma c’è da verificare puntualmente se si evidenziano anomalie e criticità non previste. In fin dei conti l’uomo è la misura di tutte le cose.
Non dobbiamo però dimenticare che già dal 2020 – con il riordino dei ruoli nella pubblica amministrazione – un dirigente amministrativo regionale poteva assumere il suolo di Soprintendente senza nessun problema.
Quindi riassumendo, prima c’era una struttura più agile e snella, poi la moltiplicazione dei dirigenti e delle aree tecno-scientifiche, e negli anni, l’esodo del personale per pensionamenti e mobilità; a seguire la necessità di mettere una pezza alla carenza di personale specialistico e infine il ritorno alla struttura più agile e snella.

Certamente è impressionante come la Sicilia che era la regione con il più alto numero di impiegati ogni cento abitanti si ritrova a dover riorganizzare tutto – in emergenza – per puntellare una macchina amministrativa che è carente di personale, tra l’altro caricato di maggiori responsabilità e compiti. Il sistema è impazzito. Dovremmo fare il confronto con altre regioni come Lazio e Campania, chissà che sorprese. Questo ci deve fare riflettere.
Dagli anni ’90 ad oggi, cioè negli ultimi trent’anni si è consumato questo esodo biblico che sta mettendo in ginocchio il settore dei beni culturali. Ma gli altri enti non stanno meglio: comuni, città metropolitane, consorzi, ecc.; una moria di personale senza un ricambio generazionale e nessuna assunzione all’orizzonte. Trent’anni di follie.

Adesso dobbiamo distinguere, la febbre dall’infezione e capire se c’è una possibile terapia.

Lo svuotamento delle Soprintendenze, il mancato ricambio generazionale, una fragile politica sulla formazione, una poco praticata esperienza multidisciplinare, il mantenimento dei recinti culturali (spesso a difesa delle rendite di posizione) sono alcune delle patologie emergenti, non tutte, ma sicuramente le più importanti. La delibera di giunta, una tachipirina tampone, serve solo a far abbassare la febbre ma niente più. Sono poche le risorse finanziari disponibili per un intervento strutturale.

A questo punto serve un progetto di riorganizzazione complessivo che non può prescindere dalle criticità emerse e da una nuova visione del bene culturale e ambientale. Serve quindi un nuovo modello di gestione che abbia come tema conduttore la categoria dei “paesaggi” intesi come l’insieme complesso e interconnesso di elementi culturali e ambientali che concorrono alla forma stratificata del paesaggio “Sicilia”.
Il termine “paesaggi” è strategico per definire un campo nuovo di governo e un metodo d’azione; trasformando la delibera di giunta regionale 108/22 da criticità in opportunità. Non possono esistere azioni come: conservazione, tutela, gestione, fruizione, valorizzazione e ricerca senza una visione d’insieme e integrata. Solo con una cabina di regia multi disciplinare – Soprintendenti, Direttori di Parco e Dirigenti di Sezione – è possibile diventare efficaci concretamente, uscendo finalmente da un provincialismo che i recinti e le barricate hanno determinato.

Serve una transizione culturale, un progetto di processo, un patto tra le parti.

Se si vuole andare verso una soluzione possibile serve guardare con attenzione le esperienze di Christian Greco al Museo Egizio di Torino e di Eike Schmidt
al Museo degli Uffizi. Incarichi per concorso, per meriti internazionali; immaginate una cabina di regia con personalità di questo livello. Altro che recinti e steccati! Ma serve un patto tra università, scuola, associazionismo culturale del terzo settore e la Regione Sicilia, con le sue strutture dedicate ai beni culturali e ambientali. Serve un tavolo comune tra questi attori per gestire le risorse immense di questa terra antica. Serve parlarsi senza contrapporsi, coinvolgendo tutti nella conservazione, tutela, gestione, fruizione, valorizzazione e ricerca. Come tra l’altro previsto dal Codice del Terzo Settore e dal Codice dei beni Culturali.

Concentrarsi solo sul ridimensionamento di alcune figure significa perdere di vista la complessità del sistema e le soluzioni proposte diventerebbero parziali e sindacali. Bisogna guardare oltre e costruire un nuovo paradigma attraverso un confronto coraggioso che non si impantani nella difesa dei singoli interessi di categoria.

La cosa più urgente è lavorare per migliorare il “quadro delle conoscenze” attraverso il potenziamento della catalogazione e della documentazione, rendendo tutto accessibile. Migliorare significa approfondire e innovare con metodologie e strumenti d’avanguardia, coinvolgendo i portatori di sapere: soprintendenze, università e associazionismo.
L’obiettivo deve essere quello di realizzare una nuova “narrazione” dei beni culturali che possa essere utile al fine di conservarli e governarli per renderli turisticamente accessibili e per farli diventare, come è giusto che siano, l’armatura invariante nel governo dei territori, riconfigurando i piani paesaggistici in Sicilia – spesso accumulatori di contraddizioni o peggio ancora, sommatoria algebrica di documenti recintati. Questi ci sembrano le vere emergenze su cui dobbiamo riflettere insieme.

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