Biancavilla: il ricordo della figlia di ‘Turi’ Ingiulla, morto di covid a Brescia. “Mio padre ha lasciato qui il suo cuore”

Biancavilla: il ricordo della figlia di ‘Turi’ Ingiulla, morto di covid a Brescia. “Mio padre ha lasciato qui il suo cuore”

«Mio padre è sempre stato legato alla sua terra, fortemente. Il fatto che venga ricordato a Biancavilla ha un significato particolare».

Tenere e commosse le parole di Elena Ingiulla, in occasione della Giornata nazionale per le vittime del covid, la cui memoria viene celebrata questa mattina nel cimitero cittadino di Biancavilla, con la scopertura di una stele. È una testimonianza colma di affetto quella che Elena fa del padre, il medico biancavillese Salvatore Ingiulla, scomparso all’età di 61 anni, il 6 aprile 2020 agli Spedali Civili di Brescia, a causa del virus.

«Credo che la memoria vada coltivata. Mi fa piacere ricordarlo in questa ricorrenza, perché mio padre ha lasciato il cuore a Biancavilla, suo paese d’origine. I ricordi sono infiniti, un insieme di emozioni, riassumere quelli che conservo di lui sarebbe un po’ come sminuire questo sentimento. A mio padre piaceva l’atmosfera della Pasqua, come veniva festeggiata a Biancavilla e ad Adrano. Era una delle cose che più amava, ci teneva a tornare in Sicilia in questo periodo. Siamo nati giù, ho passato tutta la mia infanzia lì, non posso dimenticare. Ogni volta che ritorno, ho dei continui flashback e mio padre è una costante di quei ricordi, della mia vita e di tutta la mia famiglia».

«Una persona determinata, sempre fermo nelle sue posizioni e testardo in quelli che erano i suoi obiettivi».

Il fiero ritratto che Elena fa del padre, suffragato da tutti coloro che lo hanno incontrato, dagli amici, per i quali era ‘Turi’. «Mio padre per me è il migliore, ma io sono di parte. Sentirlo dire da qualcun altro, mi gratifica. Quando sento che viene ricordato è come se ricevessi un po’ d’acqua, come una pianta, che ne ha sempre bisogno, perché a volte è disidratata. Sento che il sentimento c’è e mi rincuora. Questo non vuol dire che il dolore possa essere sostituito, ma sapere che quello che rappresentava per me, rappresenta anche per gli altri, mi inorgoglisce».

«Era ben voluto da tutti. Quando una persona non c’è più si ricordano sempre le cose positive, ma in un contesto estremo, come quello del carcere, il paziente non ha motivo di elogiare qualcuno che non merita alcun tipo di elogio». Salvatore Ingiulla ha continuato a esercitare la sua professione, fino all’ultimo, – «anche di fronte a una situazione così drammatica, non si è tirato indietro» -, presso la guardia medica delle carceri bresciane di Verziano e Canton Mombello, dove viene ricordato oltre che per la sua professionalità anche per la grande umanità.

Nel maggio 2020, Elena Ingiulla decide di indirizzare una lettera al Capo dello Stato, Sergio Mattarella, nel cuore della notte, sul sito del Quirinale. Riceverà due chiamate da parte del presidente della Repubblica, che le rivolgerà parole di affetto e sostegno. «Se non l’avessi stimato come persona, non avrei fatto questo gesto ‘estremo’. Non gli ho scritto con cognizione di causa, mi sono lasciata trasportare dalle mie emozioni. Sono state di conforto, per me, le parole di una persona stimata come Sergio Mattarella, che sa cosa vuol dire perdere una persona cara, perché lui ha perso il fratello».

Emanuela La Mela

Riguardo l'autore Emanuela La Mela

“Scienziata” della comunicazione e storica, nasce in un afoso agosto tropicale, poco prima della caduta del muro di Berlino. Cyndi Lauper e il jolly invicta resteranno sempre parte di lei. Nella vita si occupa di editing, correzione di bozze e giornalismo. Scrive di musica e cinema dal 2012. Non riesce a smettere di guardare Chi l’ha visto? e ama le cinéma français.

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