Nuova tranche dell’indagine «zona rossa» della Guardia di Finanza di Padova e Este, che nel settembre scorso portò allo scoperto una truffa da 4 milioni di euro perpetrata da 12 persone nella primavera del 2020, in piena pandemia.
In seguito agli accertamenti si è arrivati ad altre tre misure cautelari: un arresto ai domiciliari per il responsabile di un centro di elaborazione dati, padovano, e due obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria per due buyer, uno padovano e l’altro di Catania.
Gli indagati, i cui vertici sarebbero collegati con il clan «Mazzei» di Cosa Nostra, avrebbero costituito false società per comprare grandi quantitativi di merce varia da fornitori in tutta Italia. Poi, ricorrendo alla giustificazione delle «zone rosse» imposte tra febbraio e maggio 2020, ritardavano i pagamenti, e intanto facevano sparire sia la merce, nel frattempo venduta al mercato nero, sia le società fittizie, lasciando i fornitori con un pugno di mosche.
Nonostante il primo round di misure cautelari avvenute a settembre alcuni dei soggetti colpiti non avevano rispettato le prescrizioni, e avevano continuato a delinquere.
Ieri i finanzieri del Comando Provinciale di Padova, diretti dalla Procura della Repubblica di Rovigo, hanno dato esecuzione a un’ulteriore ordinanza restrittiva della libertà personale nei confronti di tre soggetti, ritenuti appartenenti a un’associazione per delinquere, finalizzata alla truffa, che – avvalendosi di società «di comodo» operanti nel territorio della provincia padovana – avrebbe truffato per complessivi 1,5 milioni di euro 64 operatori economici dislocati su tutto il territorio nazionale (più precisamente, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Sardegna, Sicilia, Toscana, Trentino Alto Adige e Veneto).