«Proponiamo un turismo che ruota attorno alla scoperta dei valori dei prodotti locali e al rispetto per l’ambiente.
La cosa importante in quello che facciamo è ‘metterci cura’. Cura per le piante, per il casolare e per l’ospitalità», afferma Emanuela Platania, accompagnatore turistico e guida escursionistica trentaduenne che con la famiglia ha dato vita al Mendolito dell’Etna, azienda agrituristica di prodotti biologici che accoglie al suo interno Casa Mendolito, antico casolare ristrutturato e convertito in residenza orientata all’utenza locale e internazionale, accessibile anche ai disabili, dotata di una piscina e con un rigoglioso giardino di piante e alberi da frutto, dai quali vengono ricavati olio e confetture.
Emanuela racconta al Corriere Etneo la nascita e l’evoluzione dell’azienda, che definisce «il lavoro di una formichina, piccola, energica e imperturbabile», ovvero la madre Michela Giorgianni, «che dal nulla ha generato un’oasi nel cuore di una distesa sterminata di fichidindia».
Situata nei pressi del sito archeologico del Mendolito (in territorio di Adrano), l’azienda si estende su diversi ettari di terreno, la cui storia ha origini lontane e rimanda al toponimo del luogo, di cui riprende il nome – italianizzazione di ‘mennulito’, ovvero mandorleto. Un tempo ricco di mandorli dai frutti non commestibili e di ulivi che fungevano da protezione per gli agrumeti, la proprietà apparteneva ai bisnonni di Emanuela. In un secondo momento, il nonno scopre una falda acquifera, e nel 1963 fa costruire un pozzo di 92 metri, una ‘gebbia’ e ,in seguito, una stalla – «l’acqua di Santa Maria di Licodia ha abbeverato per secoli Catania, attraverso un acquedotto di cui oggi restano la bellissima Fontana del Cherubino in paese e altre, poche tracce». Prima della scomparsa, il nonno dona alcuni territori al Comune di Santa Maria di Licodia: «Piazzetta degli ulivi conserva ancora i suoi ulivi millenari – citati anche da Cicerone! – e il Comune, che deve alcune proprietà odierne a queste donazioni, in cambio alla strada che porta a Villa Belvedere appose il nome della mia bisnonna, Adelaide Bruno Alessi», racconta Emanuela.
La stalla, progettata dal nonno per farne un’impresa di allevamento di mucche da latte – «un’idea iniziata con l’amico e collega Puglisi Cosentino», in seguito svanita quando egli viene a mancare a soli 47 anni –, è oggi un casolare abbracciato da quei mandorli originari che ancora oggi resistono – «uno dei quali, selvatico e dai frutti immangiabili». L’azienda odierna vede la luce da un grande incendio che venticinque anni fa devasta i terreni. Lo zio decide, allora, di rinnovare la stalla, mantenendone l’identità originaria e «riportando nella struttura delle vecchie parti della villa demolita di Piazza Trento a Catania, un’antica villa dove i miei nonni avevano vissuto gli ultimi ‘fasti’», riferisce Emanuela. Oggi, all’interno del Mendolito dell’Etna fioriscono ulivi millenari, mandorli, fichidindia, agrumi e alberi da frutto dai quali vengono ricavati olio e vasetti di composta di arance rosse, bionde e amare, mandarini e limoni, fichi e fichidindia, susine e mele cotogne, acquistabili online e in alcuni negozi di Catania e Trecastagni.
«Mi sento davvero fortunata perché imparo tutti i giorni dalla terra che ci circonda, dai miei genitori, che sono cresciuti tantissimo nella loro impresa, dai miei zii, guide turistiche attivissime», asserisce con fierezza Emanuela. Il Mendolito dell’Etna si avvale di ciò che la natura concede, in una zona definita ‘svantaggiata’, dove, con pochi mezzi, soltanto alcune colture sono possibili, a causa della natura ‘sciarosa’, ovvero lavica e pietrosa: «Possiamo scordarci mietitrebbia o trattori, non essendo un terreno pianeggiante. Inoltre, la competitività schiacciante delle arance molto più grandi della Piana di Catania ha mandato in crisi questa zona. Poi arrivò il decreto regionale che, anni fa, ha permesso a molti coltivatori, grazie ai finanziamenti a fondo perduto, nuove coltivazioni a sacrificio degli aranci, dai frutti succosi e dolcissimi – ma piccoli –, che vennero estirpati. Così fu la volta di fichidindia e olive». Dai cinquecento ulivi presenti nella proprietà viene prodotta una delle eccellenze dell’azienda, l’olio estratto dalla cultivar Nocellara dell’Etna, varietà endemica delle pendici dell’Etna che lo rende pregiato, grazie anche al microclima specifico di Santa Maria di Licodia – «le piante sono curate una per una, le conosciamo, mia madre dice che potrebbe chiamarle per nome».
Al Mendolito dell’Etna è tanta la dedizione e il rispetto verso i frutti della terra, tramandati da generazioni e curati dalla sorella Martina, biologa, e dal padre. Non esiste spazio per la produzione intensiva, i pezzi prodotti annualmente si aggirano intorno a 250–300: « Pensa che abbiamo solo tre alberi di fichi – immagina quanto sono grandi!
Non diamo una data d’inizio al biologico, perché il terreno lo è sempre stato, non ha mai conosciuto alcun tipo di diserbante.
Per questo è stato spontaneo nascere come azienda naturalmente biologica e certificata». L’azienda agrituristica è promotrice di un turismo sostenibile e di una produzione attenta all’impatto ambientale, che ha portato anche all’installazione di un sistema fotovoltaico per assicurare l’autosufficienza alla struttura: «Lottiamo contro il degrado che in parte affligge la zona, non ci stanchiamo di sperare che le cose cambino, perché quest’Isola ha un’importanza storica, naturalistica e culturale immensa».
All’interno del casolare, è possibile lasciare traccia del proprio passaggio attraverso un pensiero scritto su di un grande quaderno messo a disposizione degli ospiti, che possono, in aggiunta, godere di diverse bellezze naturali limitrofe al Mendolito dell’Etna, come le ‘saie’ di origine araba, la ‘pietra pirciata’, che secondo la leggenda fu forata da un Ciclope, le Salinelle di Paternò e i tanti sentieri che circondano la ‘Muntagna’.