“Basta pochissimo per capire cosa vuoi fare nella vita”:
risoluta nel perseguire il proprio percorso la giovane artista adranita Chiara Liotta che esporrà – fino al 3 febbraio – per la prima volta un suo dipinto alla Benjamin Art Gallery di Catania, dove si sta svolgendo una mostra che omaggia Sant’Agata, inaugurata il 23 gennaio scorso. Insieme ad altri trenta artisti nazionali e internazionali, Chiara è stata scelta per raccontare la sua personale visione della storia della martire.
Chiara Liotta frequenta il secondo anno dell’Accademia di Belle Arti di Catania e la sua passione per la pittura nasce negli anni delle superiori all’istituto tecnico statale “Pietro Branchina”, dove ha studiato turismo. Nel corso delle lezioni di storia dell’arte, rimane affascinata dalla materia. “Grazie alla mia professoressa di arte ho approfondito la disciplina e sono entrata in questo universo affascinante, che mi ha portato a cambiare rotta, rispetto al percorso di studi che avevo fatto a scuola, e a iscrivermi in Accademia”, racconta Chiara. Per hobby inizia a dipingere composizioni di natura morta e a realizzare ritratti, ricordi delle sue prime creazioni da autodidatta. Lo scorso anno, una volta iscritta all’Accademia di Belle Arti, comincia a cimentarsi in maniera assidua nella pittura, che Chiara definisce “un mondo a parte”. Appassionata di Rinascimento, la giovane adranita per i suoi studi ha già riprodotto diverse opere sacre, tra le quali l’ “Ecce Homo” e la “Madonna col Bambino”.
Lasciandosi ispirare dalle letture dedicate alla Santa Patrona di Catania,
Chiara realizza in olio su tela l’opera che è adesso esposta alla Benjamin Art Gallery: “Volevo creare qualcosa che non fosse già stato visto e non una classica iconografia della Santa, come i lavori che possiamo ammirare nelle nostre chiese o nelle immaginette sacre”. L’intento è quello di un racconto immaginativo della storia della martire, dove il viso appare coperto, in modo tale che l’osservatore possa dare una personale interpretazione – “nessuno sa, oltretutto, quale fosse il suo vero viso, possiamo immaginarlo”. Il bianco della veste simbolizza il candore e la purezza della Santa e il rosso del sangue, con il quale sono macchiati l’abito e le mani, è il segno del suo martirio. Qui Sant’Agata è immersa nello scenario tipico catanese: la nube rossa dell’Etna e la costa sulla quale si riversò la lava che invase la città.
È forte la devozione catanese per Sant’Agata, nata intorno al 230 d.C. da una famiglia di nobili catanesi.
La giovane donna possedeva una forte fede, vissuta in silenzio dalla sua famiglia, a causa delle persecuzioni contro i cristiani da parte dei romani. Prende la decisione di consacrarsi a Dio, ma presto il nuovo proconsole della città, Quirino, pretende che Agata rinneghi il cristianesimo per convertirsi al paganesimo. Invaghito della giovinetta, probabilmente il proconsole ambiva soltanto a impossessarsi dei beni della famiglia. Agata non si perde d’animo e rifiuta di obbedire all’ordine di Quirino. Viene, così, arrestata, torturata, fustigata e le vengono strappate le mammelle – da qui il devoto dolce catanese delle “minnuzze di Sant’Agata” -, ricresciute grazie all’azione di San Pietro. Prima della morte, avvenuta in carcere il 5 febbraio 251, Agata subisce l’ultimo supplizio, nel corso del quale si verifica un significativo evento che resterà nella storia: viene bruciata viva in un letto di tizzoni ardenti, ma il simbolo della sua consacrazione a Dio, il velo rosso, non prende fuoco. In seguito a una serie di miracoli compiuti, come quello del velo rosso – con il quale viene avvolta dopo essere stata imbalsamata – che fermò più volte la colata lavica dell’Etna –, Agata viene proclamata Santa.