Biancavilla, Laura Ingiulla: “Il vero gioiello è il nostro territorio”. Intervista all’orafa fondatrice del brand Bottegaceleste

Biancavilla, Laura Ingiulla: “Il vero gioiello è il nostro territorio”. Intervista all’orafa fondatrice del brand Bottegaceleste

Avete mai immaginato di incastonare la storia delle pendici dell’Etna in un gioiello? Ci ha pensato Laura Ingiulla, 29 anni, biancavillese, con la sua “Bottegaceleste – Made in Volcano Etna”, marchio di manufatti orafi in stile greco arcaico.

Biancavilla, Laura Ingiulla: “Il vero gioiello è il nostro territorio”. Intervista all’orafa fondatrice del brand BottegacelesteIl ‘brand’ è nato a maggio 2020 in piena pandemia e racconta, tramite gioielli – e non solo –, un territorio le cui origini vengono spesso sottovalutate e trascurate, ovvero quelle di popoli lontani che sono giunti in Sicilia. Il design dei giorni nostri può, allora, narrare la nostra storia. Creazioni testimonianza, come l’anello sumero in argento che omaggia le gesta dell’antico popolo della Mesopotamia che ha lasciato un segno nella nostra Isola.

Laura ha studiato all’Accademia d’Arte del Dramma Antico di Siracusa per poi frequentare la Scuola Orafa Ambrosiana, in seguito alla visione folgorante dell’orafo di scena nel 2016, durante un suo spettacolo teatrale a Milano. Nasce così il brand che porta il suo secondo nome, Celeste, tramandato in famiglia da generazioni. La giovane artista collabora con diverse realtà del territorio, tra le quali studi di architettura e con figure che si occupano di organizzazione matrimoni, come fotografi, wedding planner, flower designer, producendo pezzi di home decor e gioielli per le future spose.

Il Corriere Etneo ha incontrato la giovane imprenditrice all’interno del suo laboratorio di Biancavilla, immerso in un affascinante acquedotto e rivestito dalla natura. Il fuoco lavorato per forgiare i gioielli rievoca quello di sua maestà Etna e il suono prodotto dalla lavorazione riproduce quello degli antichi artigiani. Un inno alla terra, che lancia echi ancestrali che, provenienti dal mondo antico, si ricongiungono a noi. Il lavoro di Laura Ingiulla si basa su tre mantra: amore per la natura, amore per la storia e amore per l’oreficeria ‘handmade’. Un’attività ricercata, fatta di viaggi che Laura ha condotto in giro per il Mediterraneo, come quello in Grecia, dove ha scrutato da vicino i gioielli antichi. Ci racconta del minuzioso lavoro con arnesi del mestiere quali lucidatrice, laminatoio manuale, trafila e dove la comunicazione e il marketing sono parte essenziale del processo.

Vieni dal mondo del teatro, cosa ti ha spinto a fondare Bottegaceleste?

Volevo creare un’attività lavorativa secondaria per far fronte alla precarietà insita nel mio mestiere e per avere un altro ‘rifugio’. Se nella vita fai soltanto l’attrice, puoi andare in crisi e la società di oggi contribuisce già a ciò. Inizialmente, i miei colleghi, scherzando, mi chiamavano ‘gioielliera’. Si sono poi ricreduti, vedendo la comunicazione del mio brand.

Perché hai deciso di ispirarti proprio al periodo greco arcaico?

Lo stile greco-arcaico non è derivativo, è l’originario. Il periodo ellenico – pur avendoci regalato gioielli bellissimi – subisce già delle influenze, vedi le pietre che Alessandro Magno portava dall’Oriente. L’arcaico permette di comprendere come l’uomo ha scoperto la gioielleria, che non è necessariamente qualcosa di lusso – facevano anche oggetti in corda. Si dice spesso che Biancavilla sia stata una colonia albanese, in realtà abbiamo avuto una piccola comunità greca, la quale ci ha lasciato in eredità molti resti che oggi troviamo al museo Paolo Orsi di Siracusa, a Naxos o al museo archeologico di Centuripe. I greci trovarono interessante il nostro territorio, perché situato tra il fiume, l’Etna, i boschi e con delle ricchezze naturali assolute. Il mio progetto nasce proprio dall’intento di rivalutare tutto ciò.

Biancavilla, Laura Ingiulla: “Il vero gioiello è il nostro territorio”. Intervista all’orafa fondatrice del brand BottegacelesteChe riscontri hai avuto dalla comunità biancavillese?

Trattandosi di una bottega nata on line, ritrovo i miei clienti più a Dubai, New York, Israele, Francia e in Valle D’Aosta. Tuttavia, anche a Biancavilla si è creata un po’ di curiosità, perché non c’è qualcuno che realizza manufatti del genere e mi piacerebbe introdurre il concetto pure qui. Ho anche fatto una partnership con “Volti Italiani” di Biancavilla, realizzando servizi fotografici di moda dove sono state utilizzate le mie creazioni. Al momento ho iniziato una collaborazione con una gioielleria di Chioggia, in Veneto.

Che fine ha fatto la tradizione orafa siciliana?

Tra il 1700 e il 1800, era così tanta la devozione che gli orafi creavano gioielli in oro sfarzosissimo per le sante – che richiamano, tra l’altro, una femminilità che, spesso, è stata paragonata a quella delle dee greche. Come il famoso tesoro di Sant’Agata, che una volta l’anno viene lucidato. Una tradizione orafa che si è persa. Sicuramente, ha influito il fatto che già negli anni Ottanta le gioiellerie non accoglievano più prodotti artigianali, ma grandi brand. E la gente si è abituata, ormai. Tuttavia, oggi c’è voglia di ritorno all’autenticità del gioiello siciliano antico. Anche se non c’è veramente un marchio che lo racconta.

Qual è la tecnica prevalente nelle tue lavorazioni?

La martellatura a freddo di origine greco-etrusca, che rispecchia tanto l’arcaico. Utilizzo cera d’api e materiali naturali. La bellezza di questo mestiere è rispettare il metallo, che è natura. È l’argento stesso – che in Alaska si trovava in natura – a indicarti la sua elasticità, quando è pronto ad accogliere la modifica e quando non lo è. Come la terra che viene lavorata, anche il manufatto orafo ha bisogno di tempi lunghi. Nell’alta industria, all’opposto, i metalli vengono stressati con lavorazioni che non richiamano quell’autenticità tipica degli antichi greci, il rispetto delle cose.

Quale necessità ti spinge a creare dei manufatti così intrisi di simbologia, coi quali sembri avere un rapporto particolare?

Quello che mi spinge è la necessità di connettere l’animo umano a un oggetto inanimato che non ha vita ma può comunicare. Cerco di comunicare con questi oggetti. Sono anche un’appassionata di astrologia e filosofia. Quando ho creato la borsa lanterna volevo qualcosa che riportasse alla luce e si indossasse pure. Così ho combinato un oggetto semplice ma necessario per i greci, la lanterna – che era un po’ la loro borsetta – a un oggetto quotidiano tipico dei nostri giorni, la borsa e vi ho inciso delle spighe, simbolo di buon auspicio per i greci. A gennaio inizierò a creare modelli di lampada, la quale emana luce e per questo mi colpisce. Come per la borsa: chi la indossa porta luce.

Hai creato anche gioielli di scena per il teatro?

Sì, per uno spettacolo teatrale prodotto dall’INDA, “Arianna nel labirinto” svoltosi all’Orecchio di Dionisio di Siracusa. Mi hanno chiesto di creare ad hoc una corona per il personaggio di Dionisio e delle collane per Medea, indossata come catena al collo, e per Arianna, fatta di pietre spezzate, proprio per raccontare la sua fuga.

Biancavilla, Laura Ingiulla: “Il vero gioiello è il nostro territorio”. Intervista all’orafa fondatrice del brand Bottegaceleste

Emanuela La Mela

Riguardo l'autore Emanuela La Mela

“Scienziata” della comunicazione e storica, nasce in un afoso agosto tropicale, poco prima della caduta del muro di Berlino. Cyndi Lauper e il jolly invicta resteranno sempre parte di lei. Nella vita si occupa di editing, correzione di bozze e giornalismo. Scrive di musica e cinema dal 2012. Non riesce a smettere di guardare Chi l’ha visto? e ama le cinéma français.

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