Carmen Consoli confessa al `Corriere della Sera´ che vorrebbe che il figlio, avuto con un’inseminazione effettuata a Londra, conoscesse un giorno il suo padre naturale.
«Ho fatto questo intervento a Londra proprio perché c’è la possibilità di poter far conoscere a questi bambini il proprio padre. Quando lui avrà quindici anni per legge conoscerà, se vorrà, il suo papà», dice la cantautrice catanese.
Il figlio si chiama Carlo Giuseppe, «è un bambino che oggi ha otto anni, ha una bella testa, è molto portato per la matematica. Adesso è arrivato anche a capire il meccanismo delle radici quadrate. Non perché sia un genio, solo perché è appassionato e curioso. Suona il pianoforte e la batteria, compone le sue prime canzoni, esprime i suoi sentimenti. È arrivato in me e ha cambiato totalmente la mia visione sul mondo. Uno parla di aspettative che vengono costantemente deluse, disattese. Invece mio figlio è stato più delle aspettative, più del desiderio che io nutrivo; ha proprio cambiato la lettura che io ho del mondo, di tutto quello che vedo, di tutto quello che vivo».
Ma al momento, Carlo Giuseppe «non è intenzionato» a conoscere il padre. «Io ho cercato di mandare una lettera per anticipare questo momento perché, chiunque sia questo padre a cui io sono molto grata, secondo me gioirebbe nel vedere un bambino così. Quindi non vorrei fargli perdere l’emozione di farglielo conoscere ora. Però Carlo non è intenzionato, perché ha paura che qualcuno occupi il letto grande che ora divide con me.
Mi ha detto però una cosa molto importante: `Potresti traumatizzarmi´. I bambini si abituano a dei riti, delle abitudini e il momento in cui si sconvolge il loro equilibrio può essere pericoloso».
Consoli racconta anche di aver potuto scegliere alcune caratteristiche del padre di suo figlio: «Ho avuto una lista innanzitutto di donatori compatibili. Io sono zero negativo per cui è molto complicata la combinazione anche dal punto di vista biologico. C’erano delle caratteristiche nella sua scheda: gli piace la musica, ha un diploma in pianoforte, ama Bach, Mozart e Beethoven. Lui è medico, studia la filosofia, non è religioso ma ama la filosofia orientale. E anche l’arte contemporanea. Una cosa importantissima è che ama la buona cucina, ha il palato fine. Insomma c’erano tre componenti favorevoli: Bach, la buona cucina, l’intreccio di scienza e musica. D’altra parte è il tipo di persona che forse avrei voluto incontrare, nella vita», dice l’arti che poi confessa di avere «tantissimo» desiderio di conoscere quest’uomo. «Ho una curiosità incredibile», sottolinea.