Su iniziativa del Comune di Motta Sant’Anastasia, assessorato alla Cultura, con la partecipazione di comunità parrocchiali, tre rioni locali, Fidapa, Pro Loco ed Istituto comprensivo “G. D’Annunzio”, sabato 11 dicembre, ore 17, al Castello Normanno, sarà presentato il romanzo “Iosephus Nicephorus de Mocta Sancta Anastasia” (Edizioni Del Faro) del mottese Salvatore Calanna.
Nella scaletta dell’evento, saluto del sindaco dott. Anastasio Carrà, introduzione del dott. Vito Caruso e presentazione del prof. Alessandro Puglisi.
L’ingegnoso autore, ufficiale in pensione dell’Aeronautica militare, è già annoverabile tra i maggiori autori di storia patria locale, avendo dato alle stampe “I racconti della novena” (2006), la raccolta di poesie “Opunzie e Olivastri” (2010), i romanzi storici “Jana di Motta” (2014) e “Maimone e la Bambina” (2018), dai quali è fiorito nel 2016 il saggio “I due volti di Jana” sulla stessa figura leggendaria, esaltata a fine 2018 con la pubblicazione “Jana a muttisa”, ballata per cantastorie, rappresentata dal maestro ripostese Luigi Di Pino.
In questa sua ultima pregevole fatica il nostro “Ken Follet o Valerio Massimo Manfredi” prende la leggendaria figura fondativa (perché nel 1408 avrebbe donato a Motta la prima reliquia-osso della testa di S. Anastasia) del monaco Giuseppe, la giudica verosimile alla luce della voce di popolo cristallizzata alfine nella Storia di S. Anastasia del sommo poeta dialettale mottese Carmunu Carusu (1840-1914), e poi spicca il volo della creazione letteraria, facendoci compiere un avvincente viaggio nel basso medioevo (1300-1400), al seguito di questo piccolo-grande monaco che ricorda il fra Cristoforo dei Promessi Sposi e porta i tratti valoriali ascrivibili allo stesso Calanna.
Col monaco Josephus al loro centro, le storie si dilatano e moltiplicano, dalla grande storia (tempeste che dilaniano la Chiesa, pastori infedeli, l’Inquisizione e le sue diaboliche schermaglie, nelle quali incappa Giuseppe, la realtà dei vari ordini monastici, dalla regola di San Basilio, cui appartiene il protagonista, a domenicani, francescani e cappuccini) alla piccola storia, con tre diverse storie d’amore, specchio di un’epoca e della umana passionalità, e con la piaga del brigantaggio, altra dura prova per Nicephorus, ricompensato dalle vie infinite della Provvidenza e dalla fantasia di Calanna con ben due benefici frutti: la nascita di un tenero amore e una impensabile conversione.
Tratto distintivo della prosa di Calanna è lo scavo psicologico sui personaggi principali, condotto con una tecnica avvolgente di domande che la voce narrante pone come pensieri degli stessi. Cammina , cammina e ricammina, la lunga e impervia traversata del monaco che reca la reliquia si conclude, secondo imperscrutabili voleri divini, proprio nel suo borgo natio, e segni miracolosi (l’asino che non ne vuole sapere di andare oltre, e le campane che suonano da sole) fanno rimanere la reliquia a Motta, allungano il toponimo con Sancta Anastasia e generano il commovente e ben descritto tripudio popolare che chiude il romanzo con l’espressione: “è festa ranni”.