«Ero di turno: la macchina ci segnala un test anomalo tra le migliaia che processiamo».
Valeria Micheli, 52 anni, dirigente del laboratorio di Microbiologia dell’ospedale Sacco di Milano, racconta al Corriere della Sera come ha intercettato il primo caso di variante Omicron in Italia.
«Stiamo facendo un lavoro sempre più trasversale. Dalla scoperta del caso di Mattia Maestri è cambiato tutto. Quella volta – continua -si analizzava un tampone con le fondate possibilità che ce ne fossero altri intorno. Ora il grande numero di test e la possibilità di analizzarli tutti ci consente di alzare muri intorno al virus». «Lavoriamo h24. All’inizio della pandemia il personale non era congruo alla sfida. Oggi – prosegue – la forza non è solo nella qualità della nostra attività ma nel network di sorveglianza con gli altri ospedali».
E spiega:
«Il 21 dicembre scorso, quando con l’esplosione della variante Alfa abbiamo iniziato a scavare dentro le caratteristiche del virus. Prima ci limitavamo al positivo o negativo. Per il sequenziamento vero e proprio ci vogliono tre giorni. Ci sono dei tempi tecnici che non si possono bruciare. Nei momenti in cui i casi scendono possiamo affinare la ricerca. Come quest’estate, quando è stato utile per analizzare la tenuta dei vaccini. Quando i contagi aumentano «Possiamo usare uno screening che ci consente di evidenziare e mettere mano solo su quelli che mostrano anomalie».
E nel caso del paziente di Caserta, continua Valeria Micheli:
«Appena abbiamo visto che aveva caratteristiche diverse, l’abbiamo isolato a tempo record. Ad oggi gira ancora e quasi esclusivamente la variante Delta. Più un sottobosco di tante simili comunque riconducibili a quella».
«Trovo controproducente il panico di questi giorni – dice – Ho sentito anche informazioni confuse. Lo stesso caso veniva conteggiato più volte. La realtà è che la scienza ha i suoi tempi. La coltura in vitro ci darà risposte più complete fra un paio di settimane. Se da un lato l’evidenza di tante mutazioni rende necessario attenzionarla è vero anche che la risposta del paziente di Caserta e dei suoi familiari vaccinati ha dato una sintomatologia lieve. Aveva ricevuto la seconda dose a giugno, quindi aveva anche gli anticorpi in calo. Avrebbe voluto fare la terza dose in questi giorni. Continueremo a mappare tutti i casi. Ma è confortante la risposta collettiva a livello internazionale. L’errore con la Delta fu avere strategie diverse. Ora è importante monitorare i rientri. Come in passato si è fatto da Inghilterra o Brasile. Ma i laboratori si sono messi in rete. E bucare la sorveglianza è più difficile».