Il 29 settembre scorso si è tenuta a Roma, nella Sala Caduti di Nassirya del Senato, una conferenza dal titolo “Gli universi paralleli di Franco Battiato”,
organizzata dall’Icas (Intergruppo parlamentare Arte, Cultura, Spettacolo).
Assieme a musicisti, danzatori, filosofi e saggisti è intervenuto l’ingegnere informatico adranita Alessio Cantarella, che ha lavorato con il filosofo Sgalambro ed è stato amico di Battiato. Cantarella si è soffermato proprio sul ‘paradosso di coppia’.
Questo il suo intervento.
Nel mio intervento mi concentrerò sulla collaborazione che c’è stata tra Battiato e Sgalambro, due uomini che nei rispettivi campi, la musica e la filosofia, si occupavano di rivelare la bellezza del pensiero, ancor prima di conoscersi. E questo è un qualcosa, dati i tempi che viviamo, a cui siamo sempre meno abituati.
Battiato e Sgalambro avevano interessi completamente diversi: il primo era appassionato di Gurdjieff, Rumi, Medio Oriente, Tibet, sufismo, buddismo; il secondo di Schopenhauer, Spinoza, Occidente, Mitteleuropa, ateismo, empietà. Mi piace pensare ad entrambi come due galassie, piene di costellazioni, ma anche di clamorosi buchi neri.
Si conobbero nel 1993 alla presentazione di un libro di poesia di un amico comune, Angelo Scandurra. Sgalambro aveva appena pubblicato il saggio “Contro la musica” e ne regalò una copia a Battiato, il quale restò ammaliato dallo stile e propose a Sgalambro la scrittura del libretto dell’opera “Il cavaliere dell’intelletto”, dedicata a Federico II, che la Regione Siciliana aveva commissionato a Battiato.
Quando, dopo quest’esperienza, quasi per gioco, Sgalambro propose a Battiato la realizzazione di un album pop, “L’ombrello e la macchina da cucire”, i testi inviati da Sgalambro erano pazzeschi (si pensi al brano “Fornicazione”), non si era mai sentito nulla di simile nell’ambito della musica leggera, la forza delle parole era strepitosa.
Così, tra un album e l’altro, il processo creativo si incrociava continuamente: a volte dominava il testo, altre la musica. “L’imboscata” e “Gommalacca” furono album monumentali, poi la produzione andò frammentandosi, mantenendo comunque una qualità molto alta.
Ma com’è possibile che due personalità così diverse abbiano dato vita a una collaborazione così prolifica che ha prodotto dei brani immortali (ad esempio “La cura”)?
Rispondo con una teoria, avanzata dal mio amico Antonio Carulli nel suo libro “Introduzione a Sgalambro”: «Secondo un teorico del liberismo la fortuna di una società è determinata dall’egoismo del singolo venditore e non da un astratto concetto di altruismo».
Ecco, forse la fortuna della collaborazione tra Battiato e Sgalambro è dovuta al fatto che entrambi hanno perseverato verso il loro obiettivo, rimanendo comunque sé stessi. Ciascuno ha semplicemente partecipato con la parte migliore della propria produzione, facendo sì che l’esito a quattro mani risultasse grandioso.