‘’Questa è una guerra umana e non sarà finita finché non lo diranno gli scienziati. Immunizzarsi è un obbligo morale”.
Brunello Cucinelli parla con La Stampa della propria iniziativa di lasciare a casa per sei mesi, garantendo lo stipendio in una sorta di aspettativa, chi tra i lavoratori della sua azienda ha scelto di non vaccinarsi.
”Come dissi al generale Figliuolo – racconta l’imprenditore della moda – il problema a questo punto non sono i vaccini, ma chi li rifiuta”. ”Un mesetto fa – riferisce ‘il signore del cachemire’ – autorizzati dalla Asl, abbiamo vaccinato tutti in tre giorni. Adesso c’è un problema vero, l’1% non immunizzato. Sono gli stessi dipendenti a dirci che non vogliono lavorare a contatto con chi rifiuta il vaccino, non si sentono sicuri. Si lavora assieme e, nell’ultimo anno e mezzo, abbiamo saputo chi non vedeva l’ora di vaccinarsi. Finché posso cercherò di convincere chi è contrario al vaccino sotto il profilo umano, poi, se chi fa le norme non prende provvedimenti, mi muoverò io. Ho il dovere morale di essere il custode di questa impresa e del 99% delle persone che lavorano. Noi facciamo assemblee trimestrali, la scorsa settimana c’è stata la prima: tutti fuori, senza mascherina. Capisce che chi non si vaccina rappresenta un problema. Ho deciso che, finché non cadrà l’obbligo di mascherina all’interno degli ambienti di lavoro, potremo venire anche senza pass. Da quando potremo toglierla, però, la carta verde sarà obbligatoria. Sono sicurissimo: i nostri governanti ci daranno un’indicazione chiara’’.
“Io non voglio certo licenziare nessuno – aggiunge Cucinelli – e sono pronto a garantire un’aspettativa remunerata per sei mesi a chi non si vaccina. Sono morte migliaia di persone, abbiamo passato notti dolorose, non possiamo più riviverle. Abbiamo fatto la nostra parte, adesso tocca a loro”. Quanto al futuro dell’economia italiana, l’imprenditore riferisce che ”con chiunque si parli, il tema sono i progetti. L’atmosfera è particolarmente bella, interessante e sono particolarmente ottimista e le prime semestrali lo dimostrano. Noi siamo quotati, abbiamo relazioni quasi quotidiane con analisti e investitori. La prima domanda è sempre quella: il suo Paese in questo momento è credibile o no? Noi adesso siamo un Paese molto credibile e questo fa la differenza. Siamo pronti e organizzati, quelli del Recovery sono soldi importantissimi ma mi raccomando, quello che conta sono le imprese, il Pil e il lavoro, i fondi Ue non possono essere la base di tutte le nostre previsioni. L’Italia è un Paese di grandi manifatturieri competitivi, è questo che mi affascina. Anche la vittoria di Mancini con la sua squadra rappresenta un momento di garbo, di gentilezza ed educazione della nostra magnifica nazione. L’ho definito il Draghi del nostro calcio”.