Apple Daily, uno dei principali giornali indipendenti di Hong Kong, ieri ha stampato un milione di copie rispetto alle 80.000 quotidiane, ma non è detto che sia una buona notizia:
il giornale fondato 26 anni fa dall’imprenditore Jimmy Lai è stato costretto alla chiusura dalle autorità e quella in edicola ieri è stata l’ultima copia della testata.
Migliaia di abitanti di Hong Kong già dalla serata di mercoledì, e nonostante la pioggia, si sono messi in fila ai chioschi per poter comprare l’ultima copia cartacea – il sito web è stato messo off-line ieri notte – ed esprimere il loro sostegno alla testata, divenuta simbolo della lotta del movimento per la democrazia di Hong Kong e delle sue rivendicazioni di libertà e diritti alla Cina.
Le file sono proseguite anche dopo, come riportano fonti di stampa concordanti e video condivisi sui social network. La fine del giornale è iniziata la scorsa settimana, quando la polizia ha fatto irruzione nella sede della redazione, perquisendo e sequestrando materiale dei cronisti. Le autorità hanno poi disposto il congelamento di tutti i beni dell’azienda e arrestato sei persone, cinque responsabili e un cronista.
Il fondatore Jimmy Lay si trova invece in carcere già da diverso tempo: tra aprile e maggio ha ricevuto due condanne – rispettivamente a 14 e 13 mesi – per organizzazione e partecipazione a manifestazioni non autorizzate. I responsabili rimasti al timone del giornale hanno preferito chiudere non solo per mancanza di risorse economiche, ma anche per garantire la sicurezza del resto del personale.
Nei confronti della testata sono scattate le nuove disposizioni della legge sulla sicurezza nazionale voluta dal governo di Pechino lo scorso anno, che fa ricadere nella categoria di reato di “terrorismo” tutte quelle azioni che potrebbero minare l’unità territoriale della Cina. Tra i vari capi d’accusa contestati ad Apple Daily spicca quello di “collusione con forze straniere per destabilizzare lo Stato”. I difensori dei diritti umani sostengono che con questa legge la Cina intende reprimere i movimenti di Hong Kong e Taiwan: il primo chiede riforme democratiche e maggiore autonomia politica da Pechino, il secondo vorrebbe l’indipendenza.