”Mi pare che la gente abbia già deciso. Oggi sono stato a Riccione e in mancanza di ogni controllo la metà delle persone non la portava. Il 40% la teneva sotto al naso o al mento. Noi che la portavamo eravamo il 10%”.
Sappiamo che all’aperto, in assenza di aerosol, il rischio di contagio si abbatte. In più la diffusione del virus al momento è molto bassa, circa 20 nuovi casi settimanali ogni 100mila abitanti. D’estate poi tutti i virus respiratori circolano meno. Quindi sì, la mascherina all’aperto possiamo toglierla, soprattutto se siamo vaccinati. Ma dobbiamo rimetterla se non possiamo restare distanti o se ci troviamo in situazioni in cui si urla o si canta. In questo caso il virus si diffonde più facilmente”.
Così Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, in un’intervista a Repubblica nella quale afferma che i tempi sono maturi perché le mascherine possano essere tolte all’aperto, tranne che in alcuni contesti ”che possono favorire il contagio e che pertanto richiedono cautela”.
“La copertura vaccinale comincia ad allargarsi – prosegue il medico – All’appello però mancano due milioni e mezzo di ultrasessantenni e per questo, qualunque cosa decida la politica, serve buon senso. Un conto è che a passeggiare a viso scoperto sia un ragazzo di 30 anni solo, un conto è se si tratta di un 65enne che non si è voluto vaccinare e rischia di ammalarsi seriamente. Tutte queste eccezioni la legge non può prevederle. L’obbligo c’è o non c’è. Altrimenti rischiamo di ricreare la confusione vista con AstraZeneca. È possibile che fra un mese o poco più avremo più dosi a disposizione che persone disposte a vaccinarsi. È normale che oltre una certa soglia le prenotazioni volontarie si esauriscano. Con l’estate e le vacanze poi molti possono trovare più comodo rimandare il vaccino a settembre. Ma se la voglia di vaccinarsi calerà troppo, bisognerà cambiare, utilizzando strategie di chiamata attiva: andando a cercare le persone che mancano all’appello. Occorrerà chiamare, spiegare, convincere. Se non basterà, il passo successivo, che alcuni paesi già adottano, è quello degli incentivi. Lì la fantasia può sbizzarrirsi. Non so se ci si arriverà anche in Italia. L’importante è organizzarsi per tempo e non permettere alla campagna di rallentare troppo a lungo”.
Quanto all’autunno che ci attende, ”fatico a immaginare che rivivremo le ondate del passato – afferma Cartabellotta – soprattutto in termini di ricoveri ospedalieri. Il virus continuerà a circolare, ma i vaccini eviteranno le conseguenze più serie per chi si contagia. I dati dell’Istituto superiore di sanità dicono che l’immunizzazione protegge all’80% dal contagio, al 90% dal ricovero e al 95% dal decesso. Vuol dire che il 20% di vaccinati continua a infettarsi e potenzialmente a infettare. Se tornerà l’obbligo di mascherina? Difficile dirlo. Dipende dal virus e dalle varianti. Possiamo prevedere le variabili che dipendono da noi, non quelle che dipendono da lui. Siamo a un livello di circolazione del virus abbastanza basso da poter riprendere il tracciamento dei casi, ma purtroppo le regioni sono disincentivate, per paura di dover uscire dalla zona bianca. Dovremmo anche potenziare il sequenziamento del virus per accorgerci in tempo delle varianti. Se non lo facciamo ora che la situazione è calma, resteremo in balia degli eventi. Rischiamo di vedere gli effetti di una variante più contagiosa solo dopo l’aumento dei casi”.