Federico II e il solstizio di Hybla: nel Castello di Paternò il sole annuncia un nuovo Rinascimento

Federico II e il solstizio di Hybla: nel Castello di Paternò il sole annuncia un nuovo Rinascimento

Tra il 19 e il 23 giugno del 1221e del 1223 Federico II visita Paternò e probabilmente – considerati i suoi grandi interessi per la cosmologia – verifica l’uso come orologio solare del Donjone di Paternò.

La colonnina bianca della grande bifora dell’ultimo piano proietta la sua ombra sul muro meridionale del salone e traccia una linea del tempo. Misurare, governare, rappresentare lo spazio e il tempo e in questo Federico II era uno dei protagonisti del suo tempo: esoterismo, astrologia, astronomia e falconeria.

Dopo ottocento anni un gruppo di visitatori ha celebrato questo evento per la prima volta.

All’interno delle Giornate Europee dell’Archeologia – a cui ha aderito l’Archeoclub d’Italia – si è concretizzata questa manifestazione con il contributo del Comune di Paternò (che ha reso disponibile il castello già dalle prime luci dell’alba), lo stesso Corriere Etneo ed Etna news. Diverse le associazioni che hanno partecipato: Catania Mobility Lab, CAI Catania, Lipu, Lega Ambiente, Nordic Wolking Etna ed Etnaviva. Accompagnante dalle sedi Archeolcub locali di Hybla Major e Paternò con i sui presidenti e soci.

Un’esperienza intima, emozionante, iniziata nella notte più buia.

Federico II e il solstizio di Hybla: nel Castello di Paternò il sole annuncia un nuovo RinascimentoSeduti sul sagrato della chiesa di Santa Maria dell’Alto, si sono letti brani del Pervirgilium Veneris, del Guerriero della luce di Paulo Coelho e alcune poesie di Costantino Kavafis. Una musica in sottofondo ha scandito il passaggio tra la notte e il giorno, dolcemente fino al sorgere del sole. Il silenzio – in alcuni momenti – ha reso l’attimo irripetibile, intenso, profondo. Una voce narrante, tra le antiche pietre, in mezzo al pubblico ha reso viva l’emozione e stimolato le riflessioni di Ionella Emmanuele sul valore dell’identità e del silenzio. Un’atmosfera magica e unica. Quasi il desiderio di fermare il tempo, di rallentarne la corsa per fissare Apollo nell’istante desiderato. Il cielo buio, la notte profonda, ma piano piano sempre più cangiante fino a diventare indaco per far nascere dal nulla la montagna che domina il paesaggio. L’Etna, la vera protagonista oltre alle fabbriche della memoria, chiese, castelli, scalinate, monasteri, un fiume e la valle. Piano piano, Apollo restituisce forma alle cose solo immaginate. Lo spazio che si compone davanti ai nostri occhi increduli. Ma l’Etna ci regala una foschia avvolgente, forse quella cenere che di notte ha conquistato ogni terra. Allora il sole si nasconde e non svela i suoi misteri ma traccia una possibile ombra sui muri della regina.

Poesia, musica, storia e materia. Un palinsesto di volti, di maschere e di espressioni che – ancora con gli occhi semi chiusi – gustano un’esperienza che si ripeterà solo tra un anno e bisognerà aspettare ancora. Forse per l’equinozio di autunno potremmo rivivere parte di questa emozione ma bisognerà alzarsi ancora una volta prima che il sole nasca.
Un nuovo modo di rendere più viva l’acropoli di quella Hybla dai mille segreti. L’acropoli nascosta e negata. La major a cui spetta il riconoscimento dell’identità. Lo spazio sacro nel paesaggio di confine tra la montagna e il fiume, tra il bene e il male, tra il nero e il bianco, tra pagani e cristiani. Lo spazio limite sempre in tempesta, sempre fluido e poroso. Lo spazio dove la storia si è stratificata, contraddetta, negata, nascosta; eppure le forme, i luoghi e le tracce sono sempre evidenti per narrare se stesse e quel mistero che si cerca di velare ancora.

Federico II incontra i Templari per cose terrene (tra il 1221 e il 1223) e nel frattempo misura il sole e le stelle. Una città che ancora oggi conserva il suo fascino antico, molto antico fino alla notte dei tempi.

Federico II e il solstizio di Hybla: nel Castello di Paternò il sole annuncia un nuovo RinascimentoBisognava esserci per capire la potenza dell’istante, bisognava esserci per sentire il cielo, la terra e gli dei. Una tempesta di sensi, morbidi e bagnati. Una tempesta di silenzi insinuanti e sottesi. Gli uomini e le donne di quest’alba erano testimoni di un evento, di una celebrazione di una liturgia della luce. Aspettando la luce per accoglierla e farla propria. Una magia il sole che appare dietro i monti rossi di Nicolosi a 30° gradi a nord-est dall’acropoli. Come una direzione da intraprendere, un sentiero da percorrere, una missione da compiere. Uomini e donne ricchi delle loro esperienze che hanno saputo stupirsi ancora una volta, senza sovrastrutture e senza pregiudizi: qualcuno della stessa città e altri da oltre le terre di Giaconia.

Un nuovo modo di fare turismo culturale, una nuova strategia che ha permesso di godere di un buon caffè nel centro storico, dove Dolce e Amaro – il bar della piazza – ha accolto tutti con cornetti e cappuccini. Una festa del gusto che ha permesso di confrontarsi su mille questioni: teologiche, ornitologiche e di puro cazzeggio domenicale.

Il giorno prima, sempre le due sedi dell’Archeoclub locale hanno incontrato le associazioni della città e i loro studiosi per confrontarsi – anche aspramente – e programmare il futuro della ricerca storica in città, oltre i luoghi comuni e le teorie cristallizzate. Bisogna andare avanti ma serve co-partecipazione, condivisione e convergenza per raggiungere obiettivi attraverso metodi e direttive ancora inesplorati. Una cosa è emersa, la città di Hybla (major) vuole sia riconosciuta la sua identità.

Domani sera (21 giugno) una passeggiata concluderà la tre giorni con un flash mob contro le mafie per dichiarare: l’acropoli è di tutti, l’acropoli è per tutti, per non abbandonarla al suo destino di luogo marginale e relittuale, dove la morte culturale è padrona.

Allora dobbiamo sperare che l’amministrazione, il Consiglio comunale, le associazioni, le scuole, le parrocchie e tutta la città riconquistino questo luogo sacro e prezioso. Lo scrigno che conserva la nostra storia, la nostra identità, il nostro futuro. La strada è già tracciata, basta seguirla.

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Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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