Offrire un’alternativa a una vita fatta di mafia.
E’ quello che ha spinto il giudice Roberto Di Bella a firmare 12 provvedimenti di decadenza dalla responsabilità genitoriale nei confronti di mafiosi e trafficanti di droga vicino alle cosche siciliane, 2 dei quali riguardano elementi di primo piano di Cosa nostra catanese. Ed è la prima volta che accade in Sicilia. A raccontarlo, nelle pagine palermitane di Repubblica, il giornalista Salvo Palazzolo.
Questi minori, spiega Di Bella, che è il presidente del tribunale per i Minorenni catanese, “ora vivono in altre famiglie o in comunità, secondo il progetto ormai sperimentato in Calabria”. C’è dunque un’alternativa concreta a minorenni provenienti da famiglie inserite in contesti di criminalità organizzata e anche familiari che si dissociano dalle logiche criminali a Catania. Si sono già fatte avanti alcune madri che hanno avuto problemi con la giustizia per mafia per droga. “Ci hanno manifestato la loro intenzione di rompere con il passato e andare via con i loro figli dalle famiglie di origine – dice Di Bella – sulla base di quanto previsto dal protocollo verranno sostenute per poter iniziare una nuova vita. Determinante è stato il contributo di Libera”.
“La nostra non è una sfida – precisa il giudice – noi ci limitiamo da applicare gli strumenti della Giustizia minorile”.
La decadenza della responsabilità genitoriale scatta ogni volta che un genitore trascura a viola i propri doveri non mandando i figli a scuola, indottrinandoli sulle regole della mafia come emerge dalle intercettazioni, oppure quando i figli gravitano in ambienti vicini allo spaccio o la piccola criminalità, anche se non commettono direttamente reati. Tutte le notizie riguardanti i minori che emergono dalle indagini vengono messe in condivisione grazie anche alla sinergia fra il tribunale dei Minorenni e la Direzione distrettuale antimafia. Si è creato “un fronte unitario nella consapevolezza che stiamo giocando una partita fondamentale. Le organizzazioni mafiose si stanno riorganizzando per far fronte agli arresti e reclutano giovani leve dalla strada”.
“Io dico ai ragazzi volete essere davvero come lui, come Nitto Santapaola in carcere da 28 anni, la moglie è stata ammazzata e non può vedere figli? – sottolinea Di Bella – ho visto la sofferenza agli occhi dei figli di mafia e delle loro madri abbiamo il dovere di dargli un’alternativa”. Il magistrato ha anche ricevuto da un boss della ‘ndrangheta un ringraziamento dell’opportunità offerta al figlio, “l’avrebbe voluta anche lui da giovane”. Il tribunale catanese per gli under 18 cerca anche di sperimentare nuove forme di affidamento temporaneo di questi figli di mafia, magari solo per nel corso della giornata.
“La sensibilizzazione sui temi delle mafie non può essere lasciata a sporadiche iniziative – dice Di Bella – abbiamo bisogno di progetti organici per dimostrare che il futuro non è già scritto e che si può essere protagonisti della propria vita”.
Poi un appello ai ragazzi di Catania e alle loro famiglie: “Le porte di queste tribunale sono sempre aperte. Possiamo aiutarvi”.