“A prima vista si è parlato di sincope, ma non è appropriato perché la sincope è una perdita di coscienza breve con una ripresa autonoma. Qui invece l’atleta è stato soccorso dai compagni e dai sanitari, gli è stato effettuato un messaggio cardiaco. Siamo di fronte a un arresto che potrebbe essere dovuto magari a un’aritmia ventricolare, a una tachicardia sostenuta. Questo può succedere, nonostante i controlli. E in Italia i controlli sono severi, più che in altri Paesi europei, per non parlare degli Stati Uniti”.
Il cardiologo Daniele Andreini, spiega così sulla Gazzetta dello Sport, quanto accaduto a Eriksen durante la gara della sua Danimarca con la Finlandia.
“Penso alla cardiomiopatia aritmogena, ma anche a malattie legate all’attività elettrica del cuore, che possono manifestarsi per la prima volta in modo drammatico senza prodromi ai controlli medici talora non danno segni di anomalia – aggiunge – Sono casi rari, ma le morti improvvise purtroppo capitano. Soprattutto negli atleti di alto livello, sottoposti a livelli di stress psicofisico che possono scatenare l’aritmia stessa”.
Corretto, secondo lo specialista, è stato il soccorso “super tempestivo, dal malore alle prime manovre di soccorso sono passati 10-15 secondi. Correttamente all’inizio è stata controllata la pervietà delle vie aeree, per poi iniziare il massaggio”, “prima si inizia, più facile è che l’aritmia si interrompa e soprattutto non si abbiano reliquati, cioè danni postumi”.
Per quanto riguarda un’eventuale ripresa dell’attività sportiva, “è difficile dirlo in questo momento. Un arresto cardiaco, se di questo si tratta, solitamente non avviene in un cuore sano. Di base spesso c’è una cardiopatia organica alla base delle aritmie.
Occorrerà far degli approfondimenti, a iniziare da un elettrocardiogramma e da una risonanza magnetica. Magari già l’ECG fatto subito dopo l’arrivo in ospedale ci dirà qualcosa sul perché. Magari ci possono essere cause secondarie che si possono rimuovere in modo che il problema non si ripresenti. Una ipopotassemia, ad esempio: se il potassio è basso si rischiano aritmie gravi. Ma questa è l’ipotesi migliore. Occorre ricostruire la sequenza degli eventi, ma spesso in questi casi c’è una causa rilevante che pregiudica il ritorno all’attività”.