“Una fiala di vaccino andrebbe somministrata sempre accanto a una fiala di buona informazione” in caso contrario, “le persone hanno il diritto di essere disorientate. Speriamo che adesso le Regioni adottino una linea comune”.
Così l’immunologo direttore scientifico dell’Istituto Humanitas di Rozzano e professore emerito all’Humanitas University a Milano Alberto Mantovani intervistato da ‘La Repubblica’.
Per Mantovani quella di riservare AstraZeneca agli over 60 e completare il ciclo vaccinale con un richiamo di Pfizer “è una scelta dettata dalla prudenza. I casi di trombosi sono estremamente rari, ma visto che la situazione dell’epidemia oggi è più tranquilla e abbiamo un vaccino alternativo, è giusto usarlo. Anche la Gran Bretagna, il paese che ha messo a punto il vaccino di AstraZeneca a Oxford, ha deciso di limitarne l’uso al di sopra dei 40 anni. La scelta dell’età da porre come tetto può essere discussa, non esiste un valore univoco, ma in generale è un atteggiamento di responsabilità che condivido”. Con l’estate alle porte, l’immunologo avverte: “Abbiamo i vaccini, la nostra cintura di sicurezza. Però dobbiamo farli con entrambe le dosi. Non possiamo saltare l’appuntamento solo perché coincide con le vacanze. Anche con la cintura allacciata, poi, dobbiamo guidare con prudenza e fermarci al rosso”. Quanto poi alla terza dose, per Mantovani sarà necessaria quando la memoria immunitaria inizierà a calare.
Non sappiamo prevedere quando avverrà, ma non è escluso che questi vaccini ci riservino un’altra bella sorpresa”. Sui rischi delle varianti, l’immunologo spiega: “C’è una certa perdita di efficacia dei vaccini contro l’indiana, o delta, soprattutto se si riceve una sola dose. Per questo la Gran Bretagna, che all’inizio aveva deciso di allungare i tempi del richiamo, è tornata di corsa sui suoi passi e si sta affrettando a somministrare le seconde dosi. La protezione nei confronti di questa variante, che è anche più contagiosa, è di circa il 30% dopo la prima iniezione e oltre il 70% dopo la seconda”.
Quanto all’idea di vaccinare i più giovani, afferma: “Penso che vaccinare i ragazzi sia importante, e non solo come gesto d’altruismo. Una piccola percentuale di loro si può ammalare dopo il Covid di una sindrome che si chiama malattia infiammatoria multisistemica e che, in piccole percentuali, può richiedere la terapia intensiva. I miei nipoti che ricadono in quell’età si sono subito prenotati per la vaccinazione. Immunizzare i ragazzi vuol dire anche poter tornare a scuola in sicurezza”. Quanto allo scenario del prossimo autunno,, conclude: “Dipende dalla prudenza con cui guideremo, indosseremo le cinture e rispetteremo i semafori. Ma se anche fossimo colpiti da un’altra ondata con nuove varianti, siamo tutti d’accordo nel dire che il ritorno del virus non sarà drammatico come quelli che abbiamo vissuto in passato”.