La notizia che sono stati trovati i fondi per completare il tratto di metropolitana da Misterbianco a Paternò impone una riflessione articolata sul futuro di questo territorio di frontiera.
Le prime immagini del masterplan – relativo alla nuova stazione di Paternò Centro – evidenziano la necessità di un ridisegno urbano che risolva alcune criticità.
Da oggi al 2026 è necessario predisporre tutti gli strumenti urbanistici, economici e più in generale le strategie di sistema, utili a massimizzare l’impatto che avrà il collegamento diretto tra Catania e Paternò. Si compie di fatto la città metropolitana e questo impone da subito un cambio radicale di paradigma. Non si tratta di perdere l’identità culturale ma prendere atto che siamo di fronte a un nuovo modello territoriale che si fonda sul principio della sussidiarietà e della complementarietà delle costellazioni di città.
Come Etnapolis ha generato un sistema tripolare, il cui baricentro è proprio il centro commerciale e le sue periferie sono le città di Paternò, Belpasso e Motta; adesso – con il completamento della linea metropolitana – si sposta l’asse verso la città di Paternò, che può assumere pienamente il ruolo di città cerniera, tra l’area metropolitana e le aree interne. In pratica si ripristina la sua antica vocazione – prima della messa in funzione dell’autostrada Catania-Palermo che ha di fatto estromesso, dai flussi economici e commerciali, i territori della valle del Simeto. Maggiore peso avranno in questo modo le comunità di Belpasso e Motta da una parte e le città di Bronte, Adrano, Biancavilla, Santa Maria di Licodia, Ragalna e Centuripe dall’altra. Un sogno che si realizza dopo oltre trent’anni, immaginato da una classe politica che oggi andrebbe rivalutata per questo.
Adesso, come più volte detto, si dovrà lavorare su diversi fronti. Il ridisegno dello spazio urbano nelle adiacenze delle stazioni previste – quella principale della zona Ardizzone e quella a sud nelle adiacenze di Piazza della Regione – oltre che nella promenade che collega la nuova stazione con Corso Italia. La riconversione del tracciato – passante per la vecchia stazione – che rappresenta l’opportunità per estendere i collegamenti urbani fino ai quartieri a sud della città (Scala Vecchia) con l’introduzione di un tram. Il prolungamento del ‘people mover’ verso l’acropoli di Paternò e oltre verso la stazione di San Marco. La riattivazione della linea ferrata Catania-Motta-Paternò, almeno fino a Schettino (ma bisognerebbe sentire i sindaci di Centuripe, Regalbuto e Troina per valutare altre ipotesi future).
Il primo passo è quello di esplorare con lo strumento del concorso d’idee o di progettazione – come tra l’altro previsto dalla nuova legge urbanistica regionale – le potenzialità delle aree di cui sopra:
aree stazioni (nord e sud) e promenade. Individuare le estensioni verso Scala Vecchia e verso l’acropoli con tracciati e stazioni terminali per ipotecare il disegno urbano, al fine di scongiurare tutte le complicazioni che hanno rallentato l’iter di finanziamento della nuova stazione a nord, quella di cui oggi si parla con sempre il timore di un incidente urbanistico: il tre oro vince e il tre oro perde con lo spostamento di destinazioni, forme e quantità intorno alla previsione della stazione non ha certo aiutato i processi approvativi e serve adesso più che mai, evitare errori simili.
Sulle nuove stazioni previste vanno fatte delle precisazioni. Quella a nord – il nuovo ingresso della città – ha bisogno di un progetto che la renda compatibile con la promenade, verso Corso Italia e quindi il disegno del parcheggio della stazione deve enfatizzare questa funzione e predisporsi per attraccare direttamente all’edificio principale (rivedere la scheda speciale elaborata nel 1995 sarebbe utile per comprendere questa necessità). Anche l’attracco in Corso Italia necessita di una riflessione e forse la risoluzione di problema con i proprietari di questo spazio (che sarebbe strategico per rendere fluido e accessibile la promenade). Sulla stazione sud in zona Piazza della Regione la considerazione è più semplice: sarebbe meglio spostarla in piazza Caduti di Nassiriya, perché in questo modo non si compromette l’impianto e il monumento esistente nella piazza (la fontana della Repubblica degli anni ‘70) e si valorizza un vuoto urbano sfrangiato – parcheggio Nassiriya – che acquisirebbe una funzione di spazio cerniera tra due parti di città- quella degli anni ’70 e il centro storico (strategia rigenerativa).
Stiamo parlando di rettifiche che possono essere governate in tempi brevi senza nessun impatto sulle somme stanziate.
Ovviamente serve come sempre una visione di sistema e prospettica, che ci collochi al pari dei grandi progetti che vengono portati avanti nella vicina Catania con strumenti concorsuali. Ovviamente è necessario uscire da un provincialismo atavico e fatalista per intraprendere una via più innovativa. Insomma, diventare veramente cittadini nell’eccezione europea e soprattutto competitivi sul piano dell’offerta commerciale, dei servizi e del turismo. Queste modalità potrebbero attrarre nuovi abitanti, nuovi consumatori e visitatori. Significa aumento del valore immobiliare, per attrarre nuovi investimenti e interessi. A questo punto si può ipotizzare la possibilità di riconvertire il patrimonio pubblico dismesso in attrattori universitari, culturali e della formazione d’eccellenza. Dare un’opportunità agli artigiani, agli agricoltori, di potenziare i loro mercati e quindi sviluppo economico diffuso.
Ma la sfida è andare oltre l’ordinario, innescare un processo virtuoso in cui la qualità dell’architettura, dello spazio e delle politiche urbanistiche diventino trainanti per la rinascita della città e del suo territorio.
Riprendendo un discorso smarrito molti anni fa. L’acropoli, l’area industriale, il patrimonio dismesso (urbano e rurale) e la rete commerciale sarebbero così sostenute dal progetto di nuova mobilità pubblica e lo spazio tra questa città e l’Europa sarebbe più breve. Ora serve una riflessione trasversale, pratica, visionaria e politica. Ci riusciremo? Questo è l’ultimo treno. Fatta la metropolitana non ci resta che fare i metropolitani.
L’autore di questo servizio definisce la provincia di catania “territorio di frontiera” io lo definirei in altro modo