Paternò è chiamata a fare una riflessione sul suo futuro.
A un anno dalle prossime elezioni amministrative, la città si prepara alla liturgia della campagna elettorale con tutti i suoi protagonisti in campo: candidati, programmi, alleanze, referenti e visioni. Il campo di regata vedrà sicuramente il sindaco uscente e gli sfidanti veleggiare fino all’ultima boa. Il primo dovrà dimostrare alla città la bontà delle sue scelte, l’efficacia della sua azione per meritare la riconferma. Gli sfidanti dovranno essere capaci di disegnare un modello diverso di governo della città, introdurre delle differenze, delle migliorie ed entusiasmare l’elettorato.
A un anno dalle elezioni, non siamo certi della ricandidatura del sindaco uscente e nemmeno di chi saranno gli sfidanti (al netto delle solite voci). Sono già al lavoro le segreterie, i comitati, le lobby e si fanno già alcuni nomi che definiscono geometrie politiche complesse e che vanno oltre la competizione comunale e guardano già alle regionali e alle politiche nazionali. Gli scenari tradizionali, quelli che vedevano la contrapposizione ideologica tra destra e sinistra, sembrano ormai superate; la politica ci ha abituati alla logica delle tifoserie, dei personalismi, del civismo strumentale. La partita si gioca sul piano della comunicazione, della capacità di persuadere, ma soprattutto della capacità di proiettare un’immagine vincente.
Molte comunità – formali e informali – si stanno organizzando, costruendo focus, approfondimenti e riflessioni.
L’esigenza è quella di esserci, di entrare nella discussione, di offrire un contributo. C’è un corpo fluido – di elettori – qualche volta anche gassoso, che comincia a definire progettualità, a occupare spazi, a segnare gerarchie, a mettere bandierine. Il sindaco uscente ha il compito di governare queste pulsazioni, qualche volta persino i tentativi di fuga. Nulla è scontato e la rappresentazione della realtà è anestetizzata dal cerchio magico di cui è parte. Gli sfidanti sono alla ricerca di conferme, convergenze, spessori, qualità, identità.
Ma oggi la domanda è un’altra.
Non tanto chi sarà il candidato perfetto, lo sfidante più autorevole, ma cosa dovrà risolvere, quali temi affrontare, come e con quali strumenti. La città ha accumulato forti ritardi e un quadro delle strategie a medio e lungo termine, prive di coerenza e organicità. Al netto delle più o meno simpatie per il sindaco uscente – che Etnaflix ha narrato ironicamente e in maniera magistrale – la criticità da risolvere è la mancanza di programmazione in molti settori; l’isolamento politico, economico e culturale; l’asfissia del tessuto produttivo; la depressione urbana. Certo, il Covid non ha semplificato le cose, questo va detto, ma la risposta è stata più emergenziale che programmatica. A queste istanze dovranno rispondere prima di tutto i candidati, uscenti e sfidanti.
Allora proviamo a elencare un primo atlante di argomenti che andrebbero approfonditi.
La pianificazione urbanistica prima di tutto; il rapporto tra questo territorio, le aree interne e la città di Catania; la gestione del patrimonio immobiliare dismesso, abbandonato e diruto; la filiera commerciale; l’offerta formativa e il patrimonio scolastico; la mobilità territoriale e urbana; le risorse culturali; l’acropoli, le aree produttive industriali, artigianali e agricole; le risorse idriche ed energetiche; la digitalizzazione; la brandizzazione della città in chiave turistica e agricola; l’infrastrutturazione della valle del Simeto; i progetti bandiera attrattivi, come il mercato agricolo Schettino-San Marco e il parco dell’acropoli; un nuovo modello di comunità resiliente; gli ecomusei, la ristrutturazione della macchina amministrativa; luoghi e opportunità per incentivare l’imprenditoria giovanile; il potenziamento del sistema sanitario e del welfare; gli equilibri di bilancio.
Un programma ambizioso ma realistico.
Per questo serve un progetto coraggioso e innovativo. Una piccola rivoluzione culturale e politica che accetti la sfida. Autorevolezza, credibilità, competenza. Il sindaco – sfidante o sfidato – deve incarnare queste istanze, se vuole essere veramente nuovo ma soprattutto risolutivo. Non c’è spazio per il compromesso, da tutte le parti. Serve coraggio, risolvendo i conflitti d’interesse, le rendite di posizioni, i pregiudizi, le resistenze culturali e imprenditoriali. Serve un capitano/a saggio ma determinato; serve ripartire quasi da zero; serve ritrovare l’orgoglio dell’identità senza che questa diventi tifoserie e recinto. Serve diventare una costellazione di idee e di orti. Serve consapevolezza dei propri limiti, delle proprie debolezze. Serve la borghesia, gli intellettuali, la classe operaia, i contadini, le comunità solidali, serve un candidato che riconcili le parti sociali. Un candidato che ascolti per fare e non per mostrare. Serve tornare ad essere seminatori e non solo raccoglitori.
La sfida non è solo scegliere il candidato ma essere consapevoli che tutti devono dare un contributo.
Seppellire le asce di guerra e ricomporre la comunità, senza sacerdoti e guru precostituiti. Riconsiderare le infinite scelte divergenti di questi ultimi 10 anni. Ritrovare la strada. Perdere qualcosa per avere di più. Un candidato che sappia ascoltare, scegliere e traghettare questa città verso un nuovo corso, forse serve un candidato che si occupi della transizione culturale.
Tra un anno si confronteranno due modelli: devono essere diversi. Nella forma e nella sostanza. Devono essere portatrici di rottura e non di continuità con il passato perché la continuità ha mostrato tutte le sue fragilità. Operatività, credibilità, efficienza, competenza, inclusione, innovazione, programmazione, progettualità, socialità.
Il campo di regata e pronto, le navi in allestimento, le vele pulite, le corde preparate. Ora vediamo le donne e gli uomini che scenderanno in campo per rappresentare questa nuova voglia di città.
Foto di Giuseppe Mirenda