“L’equipaggio della Ocean Viking ha dovuto assistere alle devastanti conseguenze del naufragio di un gommone a nord est di Tripoli. Questa barca era stata segnalata in pericolo con circa 130 persone a bordo mercoledì mattina”.
Ricostruisce così Sos Mediterranee l’ultima tragedia del mare verificatasi ieri nel Mediterraneo centrale con l’ennesimo naufragio di migranti.
“Alarm Phone – continua Sos Mediterranee – ci aveva avvisato di un totale di tre imbarcazioni in pericolo nelle acque internazionali al largo della Libia. Tutti loro erano ad almeno dieci ore dalla nostra posizione al momento della ricezione degli avvisi. Abbiamo cercato due di queste barche, una dopo l’altra, in una corsa contro il tempo e con mare molto mosso, con onde fino a 6 metri”.
“In assenza di un efficace coordinamento guidato dallo Stato”, prosegue Sos Mediterranee – tre navi mercantili e la Ocean Viking hanno collaborato per organizzare la ricerca in condizioni di mare estremamente difficili”.
Mentre era in corso la perlustrazione incessante del mare, “senza ricevere il sostegno delle autorità marittime responsabili, tre cadaveri sono stati avvistati in acqua dalla nave mercantile “My Rose”.
Poco dopo un aereo Frontex ha individuato il relitto di un gommone. Da quando siamo arrivati sulla scena, non abbiamo trovato nessun sopravvissuto mentre abbiamo potuto vedere almeno dieci corpi nelle vicinanze del relitto. Pensiamo alle vite perse e alle famiglie che potrebbero non avere mai la certezza di quello che è successo ai loro cari”.
Una tragedia, viene spiegato, arrivata un giorno dopo quella condivisa dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni di una donna e un bambino morti su un gommone stracarico di persone intercettato dalla Guardia costiera libica in acque internazionali, restituito alle coste libiche. “Questa è la realtà nel Mediterraneo centrale: più di 350 persone – conclude la Ong – hanno già perso la vita in questo tratto di mare quest’anno, senza contare le decine di morti nel naufragio a cui abbiamo assistito oggi. Gli Stati abbandonano la loro responsabilità di coordinare le operazioni di ricerca e salvataggio, lasciando gli attori privati e la società civile a riempire il vuoto mortale che si lasciano alle spalle. Possiamo vedere il risultato di questa deliberata inazione nel mare intorno alla nostra nave”.