Covid, inchiesta ‘dati spalmati’: Gip Palermo revoca arresti domiciliari per i 3 indagati

Covid, inchiesta ‘dati spalmati’: Gip Palermo revoca arresti domiciliari per i 3 indagati

Il Gip del tribunale di Palermo Cristina Lo Bue ha revocato gli arresti domiciliari per i tre indagati, sancendo il notevole ridimensionamento dell’inchiesta partita da Trapani e che, nei giorni scorsi, aveva portato all’azzeramento dei vertici della sanità siciliana.

L’assessore alla Salute, Ruggero Razza, sotto inchiesta per falso, si era anche dimesso, perché travolto dalle polemiche sui dati falsati che avrebbero tenuto una Sicilia da zona rossa in zona arancione.

Era finita agli arresti in casa la dirigente del Dasoe, Letizia Di Liberti, responsabile della trasmissione di queste informazioni, relative ai contagi a Roma. Di Liberti ora torna in libertà, anche se rimane sospesa dal servizio, così come l’altro dipendente pubblico arrestato, Salvatore Cusimano (pure lui lascia i domiciliari), funzionario dell’assessorato regionale alla Salute. Libero anche Emilio Madonia, che lavora invece per una società che si occupa della gestione informatica dei dati. Il giudice ha accolto le tesi degli avvocati Paolo Starvaggi e Fabrizio Biondo.

I dati ritenuti falsi sull’andamento della pandemia, comunicati all’Istituto superiore di Sanità, avevano suscitato uno scandalo molto importante in tutta Italia.

La Procura di Trapani (che poi ha trasmesso le carte a Palermo, per incompetenza territoriale) aveva ipotizzato 36 capi di imputazione provvisoria, adesso ridotti a 7 dagli inquirenti del pool coordinato dal procuratore aggiunto del capoluogo siciliano, Sergio Demontis. Proprio dopo il trasferimento dell’indagine da Trapani al capoluogo dell’Isola, il giudice Lo Bue era chiamato a decidere sulla rinnovazione della misura cautelare.

Gli indizi di alcune accuse rimangono, ma gli stessi pm di Palermo avevano ritenuto che non sussistessero molti dei falsi negli atti pubblici contestati dai loro colleghi di Trapani. In particolare i bollettini giornalieri (in cui si parlava di morti su cui lo stesso assessore Razza diceva “spalmiamoli un poco”) secondo le indagini svolte dai carabinieri del Nas di Palermo, avevano “dimostrato avere una funzione di tipo solo divulgativo, non potendo pertanto essere considerati atti pubblici”.

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