“Non luogo a procedere con la formula che il fatto non sussiste”.
Questa frase Matteo Salvini l’ha sognata per mesi, ma quando l’ha sentita pronunciare dal pm, Andrea Bonomo, durante l’udienza di ieri sul caso Gregoretti, ha tirato un sospiro di sollievo.
“L’allora ministro dell’Interno è imputato di aver violato delle convenzioni internazionali e di aver agito illecitamente”, a tal punto da “costituire il delitto di sequestro di persona”, ha detto il pubblico ministero nell’aula bunker di Catania, ma le sue azioni “sono state illegittime? – si chiede -. A mio avviso no, ma non sto dicendo che sia moralmente o politicamente giusto. Non tocca a noi deciderlo”. Perché “il giudizio non è sull’opportunità di quell’atto, non dobbiamo valutare se avere protratto o allungato la permanenza dei migranti è moralmente accettabile”. In poche parole, per Bonomo “il giudizio non è politico”.
Musica per le orecchie del leader leghista, che ascolta con attenzione anche il resto dell’intervento del pm: “Tutto il governo condivideva l’idea che si dovesse ottenere dall’Europa un meccanismo diverso, perché chi arriva in Italia arriva in Europa. Sicuramente era un principio condiviso da tutto il governo. C’era condivisione politica, ed è continuato anche dopo l’uscita di Salvini dal governo come dimostra l’accordo di Malta”. Dunque, “è da considerare un pos provvisorio anche una nave, se vengono garantite le condizioni di sicurezza ai migranti salvati”.
Il segretario del Carroccio gonfia il petto e si prende la scena: “Sentire dire la pubblica accusa che ho rispettato le norme italiane e internazionali, salvato vite, fatto il mio mestiere e non commesso alcun reato mi ripaga di mesi e mesi di amarezze”.
Davanti a telecamere e taccuini, Salvini lancia un messaggio chiaro:
“Torno tranquillo dai miei figli e spero che il 14 maggio si chiuda qua”.
D’ora in poi la sua priorità sarà la politica, in primis la battaglia per le riaperture dopo le restrizioni per contenere i contagi da Covid-19:
“Non facciamo la schedina del totocalcio, noi ci affidiamo alla scienza – sottolinea Salvini -. Quando impone delle chiusure è giusto rispettarle, come quando gli stessi dati scientifici dicono che la situazione torna più tranquilla. Se vale per quando si va in rosso deve valere anche per il giallo”. Per Salvini, in pratica, “se la settimana prossima c’è mezza Italia in condizioni tranquille non vedo perché non si possa tornare a bere un caffè al bar o fare una lezione singola in palestra”. La partita torna a Roma, nei palazzi della politica.