Portata a termine con successo dai cardiologi pediatrici del Niguarda una procedura di chiusura percutanea del dotto arterioso di Botallo sul cuore di un neonato del peso di 1100 grammi, in collaborazione con i neonatologi del Policlinico di Milano.
Si tratta, informa una nota, del paziente più piccolo per peso mai sottoposto a correzione transcatetere in Italia.
L’intervento è stato portato a termine nelle sale di emodinamica di Niguarda, da un team multidisciplinare composto da cardiologi pediatrici, anestesisti, tecnici di radiologia, neonatologi e infermieri.
Gli specialisti hanno utilizzato un nuovo device, che tramite un catetere sottilissimo, del diametro di uno spaghetto, inserito con una puntura dalla vena femorale ha raggiunto l’arteria polmonare e quindi – attraverso il dotto – l’aorta.
“Una volta in sede dal catetere è stato rilasciato un dispositivo auto-espandibile che è andato a tappare il dotto arterioso aperto – spiega Giuseppe Annoni, Cardiologo Pediatrico di Niguarda – durante la vita fetale, infatti, esiste un “tubicino”, il dotto di Botallo appunto che, mettendo in comunicazione l’arteria polmonare con l’aorta, ottimizza la circolazione fetale. Dopo la nascita il dotto normalmente si chiude ma se questo non avviene possono insorgere complicazioni cardiache”.
Nel 2019 Niguarda è stato il primo centro italiano ad introdurre questa nuova metodica, utilizzata solo in pochi ospedali nel mondo. Da allora sono stati trattati 8 neonati provenienti anche da altre Terapie Intensive Neonatali lombarde come Macedonio Melloni, Varese e Lecco.
“E’ chiaro – sottolinea Stefano Martinelli, Direttore della Terapia Intensiva Neonatale di Niguarda- che questo è un successo che vede alla base una grande sinergia tra i centri coinvolti e tutte le altre figure professionali che collaborano per la gestione dei piccoli pazienti”.
Il dotto di Botallo è un vaso arterioso presente nel cuore che spesso, nel neonato molto prematuro, non si chiude spontaneamente.
“Il dotto – prosegue Martinelli – se rimane aperto può creare problemi alla perfusione degli altri organi fino ad arrivare allo scompenso cardiaco. La terapia di scelta per la chiusura è farmacologica ma in alcuni casi non funziona e necessita pertanto l’intervento cardiochirurgico. La metodica con catetere transcutaneo è molto meno invasiva e molto meglio tollerata da questi neonati molto piccoli e altamente instabili.
Inoltre da qualche anno abbiamo introdotto una nuova modalità di monitoraggio anch’essa non invasiva, la cardiometria elettrica, che si protrae per tutte le fasi della procedura e nelle 24 ore successive. Questo ci consente di valutare in continuo la stabilita’ emodinamica dei neonati e di intervenire con la terapia farmacologica, se necessario”.