La gatta e il cagnolino: storia buffa ed eterna di due vicini di casa

In quel balcone stretto e lungo che guarda verso la città e abbraccia la casa di quell’ultimo piano: piena di cemento, tra mille torri che hanno coperto gli alberi e gli uomini di una volta.

La gatta e il cagnolino: storia buffa ed eterna di due vicini di casaIn quel balcone – sempre pieno di luce e di profumi – si muove la gatta, con eleganza e irriverenza. Con mattonelle rosse come la terra e una ringhiera di pizzo che lo circonda, il balcone è il mondo finito, l’orizzonte sperato, il ponte di una nave, il ‘red carpet’ di questo nobile felino, tanto sacro agli dei.
La gatta fluttua morbidamente da una parte all’altra, nascosta da vasi di terracotta pieni di malva, basilico, prezzemolo e rosmarino. Si nasconde dietro le ombre sottili e profonde. Si nasconde dietro il silenzio dei suoi passi.

Fissa l’altro, il mondo, le cose leggere che svolazzano davanti ai suoi occhi, furbi, sottili, verdi come smeraldi. Si muove come una danzatrice, morbida e flessuosa come un’onda che dolcemente copre la sabbia.

Nessun suono se non quel miagolare malizioso e sensuale. Apparentemente indifferente e svogliata, mentre guarda di qua e di là, oltre quel ricamo di metallo, oltre la siepe, oltre quel disegno di fiori colorati di giallo e di rosso. La gatta che corre e poi all’improvviso si ferma.

La gatta che miagola, che struscia, che rallenta il battito del cuore assomigliando alle dee dell’antico Egitto o quella Iside che sembra ancora qui presente tra noi. Sensuale, erotica, intrigante, arrogante e impertinente. Ma sempre silenziosa e tattile, e le mani dell’uomo potrebbero scorrono sulla sua chioma essenziale, se lei vorrà.

La gatta e il cagnolino: storia buffa ed eterna di due vicini di casaDall’altro capo della strada, oltre lo spazio di un salto, sempre dietro una ringhiera di carta, abbaia il cagnolino bianco. Abbaia per frustrazione, per rabbia, per non poter rincorrere la gatta dagli occhi verdi come il bosco della montagna.

Guarda, fissa, scruta, ci prova ma all’improvviso la gatta non c’è più. Scomparsa ancora una volta. Il cagnolino è bianco dal pelo lungo e dagli occhi neri. Sembra un morbido cuscino dalla coda pendula e vivace. Un cagnolino sveglio e veloce, che corre, salta, rimbalza e poi rotola per girarsi su se stesso.

Un cagnolino dai denti affilati, dal fiuto raffinato, dallo sguardo truce. Lui vuole prendere la gatta, vuole afferrare il suo pelo morbido ma non sa volare. Il cagnolino mira, fissa, ogni piccolo movimento, oltre la ringhiera e sbalza dal divano per conquistare il ponte di comando, per scalare la montagna correndo su e giù, impaziente e ringhioso.

Ma la gatta è sempre lì, morbida e sensuale, nobile e severa. Lo fissa, gli smorfia qualcosa, e poi lo lascia senza fiato e senza scopo. C’è e non c’è. Appare e poi scompare, sempre dietro qualcosa, che sembra altro all’occhio del cagnolino impaziente.

La gatta e il cagnolino: storia buffa ed eterna di due vicini di casaLei lenta, lui veloce. Lei che fissa senza dire nulla, lui che sbraita e si dimena come fosse perso nel vuoto. Lei scivola verso l’orizzonte lontano e lui che rimbalza nella ringhiera senza fine.

Tra i due, la gatta e il cagnolino c’è un mare d’asfalto, un pozzo profondo, un continente di case tutte uguali. Tra i due nessuno è come l’altro, nessuno sarà l’altro e questo per sempre. Lei è aristocratica, snob, sicura di se. Lui è impacciato, inadeguato anche se sinceramente innamorato.

Lui porta il pelo spettinato, il passo scombinato, un salto senza ali. Lei rimane un flusso, un’onda, un sussurro, un sibilo nell’aria. Alcuni uomini e donne passano il loro tempo a guardare questa danza, questo teatro degli animali della strada, nella città di cemento a cui mancano i colori caldi e i prati verdi. Loro, la gatta e il cagnolino, sono l’unica presenza della natura in una città che sembra cosi compatta che pare una montagna di roccia nera.

La gatta è femminina, il cagnolino è mascolino. Forse basterebbe questo per comprendere tutto di questo gioco delle parti.

Dietro ai vetri delle rispettive case ci stanno i padroni, anziani ma dal sorriso dolce, che tifano per l’una o per l’altro, che ridono insieme ai loro figli e ai nipoti sperando che il cagnolino possa, un giorno, saltare oltre lo steccato o che la gatta conceda una danza nuova. Gli uomini, la gatta e il cagnolino. La strada, le case, la ringhiera il balcone. Le piante, i vasi, i fiori. Il sole, la pioggia e le stelle. Lui la segue ad ogni passo, lei si lascia seguire con malizia, ogni giorno, ogni ora anche la sera.

Ma nel quartiere c’è chi tifa per lei e chi per il lui.

La gatta e il cagnolino: storia buffa ed eterna di due vicini di casa«Il cagnolino abbaia troppo, non avrà mai la gatta maliziosa. La gatta se la tira, prima o poi lui la sbranerà».

Per giorni, per mesi, per anni. La gatta farà la gatta e il cagnolino sempre il cagnolino, fino a quando la notte non raccoglierà le sue cose: i fiori, le piante, gli uomini e le donne che saranno altrove.

Poi arriverà qualcuno, poi cambierà qualcosa, poi ci saranno nuovi uomini e nuove piante, nuovi gatti e cagnolini ma la storia continuerà da dove si era interrotta.

Come sempre, per sempre. Due vicini di casa, due nemici-amici, due attori di una commedia buffa, che ancora oggi entusiasma quegli anziani, che da dietro il vetro hanno raccolto ogni gesto per raccontarlo a me, che vivo osservando la strada che separa i due balconi, senza distinguere quello della gatta e quello del cagnolino. Dall’alto, da quella casa che guarda oltre l’orizzonte verso un’acropoli antica, verso quella montagna che borbotta sempre, anche quando è notte e sputa fuoco verso la valle.

Che nostalgia, che malinconia, che ricordi che riaffiorano nella mente. La gatta, il cagnolino, i vasi con i fiori e loro dietro il vetro di casa a guardare ogni cosa. Ma noi cosa siamo? La gatta o il cagnolino?

Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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