“Sono arrivato nell’ospedale di Caserta, nel reparto diretto dal professor Paolo Maggi, in mattinata: ho fatto le analisi, il tampone. E poi hanno provveduto all’inoculazione. Mezz’ora di osservazione e via. Eravamo in cinque. E tutti molto fiduciosi e motivati. Speriamo, nel nostro piccolo, di fare qualcosa di utile”.
Lo scrittore ed ex magistrato Gianrico Carofiglio racconta così, in un’intervista a ‘Repubblica’, la sua esperienza da volontario per la sperimentazione del vaccino italiano ReiThera.
Carofiglio è tra i 900 volontari che stanno partecipando alla sperimentazione e non sa se è tra chi ha ricevuto il placebo o il farmaco:
“Eravamo divisi in tre gruppi. A uno, ma non sappiamo a chi, non è capitato il farmaco. Spero non a me”, dice sorridendo. Quanto alla campagna vaccinale, Carofliglio sottolinea: “Esistono due generi di problemi. Uno riguarda, evidentemente, chi organizza la campagna vaccinale.
Ed è un problema di comunicazione. L’errore che non bisogna fare in una situazione come questa è non avere una voce unica o comunque coordinata. Il pericolo è che soggetti diversi dicano cose opposte.
Il problema è sorto domenica scorsa quando, giustamente, il generale Figliuolo ha detto:
‘Per non buttare le dosi, vacciniamo anche il primo che passa’. Nella stessa giornata sono arrivate rassicurazioni su AstraZeneca. Ma il giorno dopo il vaccino è stato sospeso. È evidente che tutto questo produce un effetto di disorientamento”. Secondo Carofiglio, la soluzione è “dire sempre la verità”, “non fare promesse che non possono essere mantenute”, “comunicare in modo diretto, chiaro, senza retorica”, “riconoscere le paure, rendendole esplicite. E rassicurandole”. E infine “non negare le difficoltà ma di inserirle in un ragionamento che sia un percorso di senso”.