Tavolo tecnico ieri mattina a Paternò all’interno dell’aula consiliare di Palazzo Alessi, dove si è parlato del fenomeno del caporalato e del lavoro nero nelle campagne della Piana di Catania.
Una piaga per centinaia di braccianti agricoli, costretti a lavorare per una paga giornaliera che si aggira tra i 20/25 euro. Affrontata anche la problematica legata al degrado in cui sono costretti a vivere oltre 200 braccianti, tutti stranieri, i quali hanno trovato ospitalità all’interno della baraccopoli nata in mezzo ad una discarica abusiva di contrada Ciappe Bianche, nell’estrema periferia sud della città, lungo la SP 138.
I partecipanti concordi nel sostenere la convocazione di un tavolo tecnico in prefettura. La riunione è stata convocato dal presidente del consiglio Filippo Sambataro e a cui hanno preso parte i sindacati confederali della Cgil-Cisl e Uil; presente anche il sindaco Nino Naso, il comandante della polizia di Paternò Antonino La Spina, un medico dell’ASP etnea. Invitati anche i vari capigruppo consiliare. Presente solo la consigliera Barbara Conigliello. Per il sindaco Nino Naso quello del caporalato e della baraccopoli sono “problemi importanti ed è necessario che essi vengono discussi in un tavolo alla presenza del prefetto.
La baraccopoli ricade nel nostro territorio e non possiamo stare con gli occhi chiusi. Necessaria una cabina di regina unica”. Per Filippo Sambataro l’obiettivo dell’incontro era quello di porre un argine al fenomeno dilagante del caporalato. “Non siamo contro i lavoratori comunitari ed extracomunitari; ognuno deve lavorare nella legalità. La baraccopoli è uno scempio dal punto di vista umano.”
I sindacati confederali ritengono che la questione venga affrontata e discussa in Prefettura a Catania.
“L’incontro è arrivato in un momento in cui la campagna agrumicola è quasi alla conclusione – ha detto Alfio Turrisi, segretario generale della Fai-Cisl di Catania, accompagnato dal sindacalista Pippo La Spina- Ci saremmo aspettati che la riunione fosse stata convocata a tempo debito, ossia quando gli extracomunitari iniziano ad essere presenti sul territorio. Oltre al problema del caporalato ce n’è un altro legato al sociale: ci sono oltre 200 persone che vivono in condizioni disumane, in una baraccopoli. E’ necessario un intervento immediato.”
Per Pino Mandrà, segretario generale della Flai Cgil, due sono i problemi principali:
le condizioni inumani in cui vivono i braccianti e una paga giornaliera di 20 euro: “Il non rispetto del contratto di lavoro in agricoltura è palese al di là della nazionalità del bracciante. Le aziende non pagano regolarmente ne gli extracomunitari ne i lavoratori indigeni; c’è la necessità di stabilire la legalità in questo settore. Ci sono gli strumenti”. Per Nino Marino segretario regionale della UILA- Uil, accompagnato da Roberto Prestigiacomo, è necessario “salvaguardare la salute dei braccianti che vivono nella baraccopoli. Le istituzioni devono trovare le opportune soluzioni per farli stare in modo dignitoso, risolvendo la problematica abitativa. E’ opportuno fare intervenire la Prefettura, creare una cabina di regia in cui vengono censite queste persone, monitorare le aziende che usufruiscono di questi lavoratori.”