Roba da non dormirci la notte. La chiesa di San Francesco (ex San Giorgio), voluta da Ruggero I nel 1084, edificata sui resti di un probabile tempio di Venere, parte di un complesso monastico, centro dell’antica acropoli, rischia di diventare la sede delle sagre e delle feste enogastronomiche della città di Paternò.
Un edificio che meriterebbe un giusto restauro, affidato a mani esperte, sotto la guida della Soprintendenza, corre il pericolo di essere manomesso per sistemare solo alcuni servizi igienici, i riscaldamenti e qualche intonaco, senza una visione d’insieme sul piano del restauro e del riuso, visto tra l’altro che esiste già un progetto di restauro – alla Regione Siciliana – che aspetta da anni il suo destino (bastava chiedere).
Avremmo capito se fosse stata pensata per accogliere gli argenti di Paternò, oggi a Berlino, ma non è cosi.
Se ci fosse stata la volontà sincera per recuperare questo gioiello, c’erano altri strumenti, altre modalità, altre opportunità, invece di proporre uno sfregio così profondo e irriverente al patrimonio storico della città, usando la chiesa come “sala per la degustazione dei prodotti agroalimentari della valle del Simeto”.
Come se fosse una fattoria, un magazzino, un edificio di archeologia industriale in area rurale. Il complesso monastico di San Francesco, vincitore di un premio di architettura Inarch-Ance nel 2014, premiato per la qualità del progetto architettonico, destinato a museo archeologico, con una sala per le conferenze attrezzata, laboratori per gli studiosi della storia della città, biblioteca, bookshop e caffetteria, rischia di diventare altro: un magazzino di conserve alimentari, nobilitato dalla dicitura “della valle del Simeto”.
Uno sforzo politico, culturale, finanziario e tecnologico buttato al vento, sacrificato per pochi denari. Non aspettavamo altro.
In molti hanno chiesto più impegno nei confronti dei beni culturali e naturalistici al governo della città, ma non ci aspettavamo tanta leggerezza. Molti hanno chiesto un confronto, una condivisione, una strategia, ma nessuno si poteva aspettare tanto strabismo culturale e politico, tanta ipocrisia nello sbandierare la filastrocca della partecipazione dal basso per poi affondare il coltello all’improvviso con scelte monocratiche (bastava chiedere).
Tutto questo, tra l’altro, utilizzando un bando pennellato per valorizzare altro, come recita la stessa premessa alla delibera n° 95 del 26 febbraio 2021 della giunta municipale che con questo atto condivide un progetto bislacco, generato male e governato peggio. Forse l’assessore alla cultura dovrebbe spiegarci cosa è successo.
Un bando che avrebbe trovato un’ampia condivisione se fosse stato utilizzato per altri scopi, compatibili ad esso e congruenti alla necessità della città. Un bando che avrebbe premiato “gli itinerari e i sentieri, all’interno delle aree naturali o all’interno dei borghi storici da valorizzare dal punto di vista turistico o su edifici e fabbricati da riconvertire a servizio turistico” coerentemente agli obiettivi del Gal 3.1.2 sulla base del Programma di sviluppo rurale, riferita alla sotto misura Psr che sostiene investimenti di fruizione pubblica di infrastrutture (strade e ferrovie), di informazioni turistiche per favorire la creazione di opportunità occupazionali nelle zone rurali. Ma che ci azzecca la chiesa di San Francesco con tutto questo?
Bastava chiedere, bastava guardarsi intorno per capire che questi pochi denari potevano essere usati per tracciare la via Fabaria-Francigena, lungo il percorso rurale e all’interno del centro storico di Paternò, con la segnaletica orizzontale e verticale, creando un ‘brand’, punti informazione all’interno del Museo Savasta, o nei locali del monastero dei Benedettini, del Carmine, delle salinelle, dell’ex macello, persino nei locali municipali di Piazza Umberto, già in uso alla Pro Loco. Bastava chiedere alla stessa Pro Loco per capire le vere necessità per destagionalizzare un turismo che di fatto non esiste, proprio per mancanza di una strategia complessiva. E non venite a raccontare che avremmo avuto i servizi igienici sull’acropoli, visto che già esiste un locale ad hoc – come vespasiano – che andava solo recuperato, potenziato e non abbandonato. Ma siamo al paradosso, un bando che poteva essere più utile per la stazione di San Marco, viene utilizzato per un monumento storico, e quello che poteva essere usato per le periferie viene usato per San Marco (la stazione ferroviaria). Uno strabismo strategico inspiegabile.
Ora serve capire cosa fare. Rimettere ordine alle cose: confrontarsi con le associazioni (visto che ci piace fare le cose dal basso); aggiustare le procedure tecniche (l’Ordine degli Architetti di Catania, la Soprintendenza e gli Ispettori Onorari troveranno le giuste parole per spiegare); riconfigurare gli obiettivi strategici, puntando sulla valorizzazione dei prodotti locali, usando i manufatti (edifici) o le infrastrutture (strade) più idonee allo scopo del bando; monitorare i processi, valorizzando le risorse progettuali esistenti, magari attingendo ai fondi di rotazione per le progettazioni che ha reso disponibile la Regione Siciliana e chiedere con forza il finanziamento del complesso di San Francesco.
Se questa non è una giusta causa, se gli intellettuali faranno ancora silenzio, se conta il dito invece che la luna, se la politica sentirà la necessità di guardare altrove, se la città resterà indifferente, se le associazioni faranno orecchio da mercante, se la classe professionale rimane in attesa di qualcosa; se la società civile (fatta di tante realtà) continuerà a pensare ai futuri impegni elettorali, se ancora una volta un recinto di silenzio circonderà questa vicenda triste; allora forse meritiamo solo le sagre e il posto migliore è proprio la chiesa di San Francesco. Meritiamo solo un servizio igienico sull’acropoli, dentro la chiesa che fu dei Moncada.
Serve coraggio, in caso contrario, serve una maschera. Poi non piangiamo se da fuori ci prendono in giro, se la gente si ferma a Etnapolis, se per il teatro, il cinema, i ristoranti, i negozi glamour e il padel si va a Catania, se la metropolitana tarda ad arrivare. Ultima chiamata. Ultimo treno, ultima notizia. La Sagra della “minnulata” è servita, Parigi è lontana, ci rimane solo Kabul, altro che “argenti di Paternò” e Sofonisba Anguissola.
Evidentemente l’amministrazione comunale è composta da incompetenti