Il responso di ieri della piattaforma Rousseau sul governo Draghi restituisce la fotografia di un Movimento spaccato e, forse, sull’orlo di una scissione.
Il 59,3% degli iscritti M5S (oltre 44mila persone) ha dato il via libera all’ingresso del Movimento 5 Stelle nel prossimo esecutivo che sarà guidato dall’ex numero uno della Bce. Ma la fronda ribelle non ci sta e, a partire da Alessandro Di Battista, minaccia lo strappo. E’ proprio l’ex deputato – mentre il gruppo dirigente, da Luigi Di Maio a Vito Crimi, si rallegra per la vittoria del ‘sì’ – ad annunciare nel corso di una diretta Facebook il ‘divorzio’ dal Movimento: ”D’ora in poi – dice Di Battista – non parlerò più a nome del Movimento 5 Stelle anche perché in questo momento il Movimento non parla a nome mio… non posso far altro che farmi da parte”.
”Indigeribile” per Di Battista l’esito del voto:
”ma lo rispetto”, puntualizza. La ”scelta politica di sedersi con determinati personaggi, in particolare con partiti come Forza Italia, in un governo nato essenzialmente per sistematizzare il M5S e buttare giù un presidente perbene come Conte… questa cosa non riesco proprio a superarla”, si sfoga l’ex parlamentare.
Che però non esclude il ‘ritorno’:
”Se poi un domani la mia strada dovesse incrociarsi di nuovo con quella del M5S, vedremo: dipenderà esclusivamente da idee politiche, atteggiamenti e prese di posizione”.
Intanto la truppa parlamentare è in subbuglio. E non tutti gli eletti schieratisi a favore del ‘no’ accettano il risultato del voto. Qualcuno parla apertamente di rischio scissione:
”E’ una dinamica da non escludere”, spiega il deputato Pino Cabras, che aggiunge: ”Non voterò la fiducia a Draghi se le premesse sono queste, nessuno conosce il programma. Per convincermi, Draghi dovrebbe stupirmi con effetti speciali”. ”Il voto di oggi è stata una brutta pagina per la democrazia”, commenta con l’Adnkronos il senatore Emanuele Dessì. Il collega Mattia Crucioli fa sapere che non voterà la fiducia in Aula, proprio come il deputato Andrea Colletti (”al 99% dirò di no”). Per Elio Lannutti – uno dei più accesi oppositori del governo Draghi -, invece, quello di Rousseau è un voto ”vincolante” che ”impone di votare la fiducia al nuovo governo”.
Sulla stessa lunghezza d’onda Danilo Toninelli, che pur avendo votato ‘no’ su Rousseau rientra nei ranghi:
”Il voto va rispettato. Non sarà facile, ma ce la metteremo tutta”. La senatrice Barbara Lezzi, fedelissima di Di Battista, almeno per ora non commenta il responso delle urne virtuali. Le prossime settimane saranno cruciali per i destini del Movimento e non si esclude una nuova visita a Roma di Beppe Grillo, che avrà il compito di compattare un Movimento lacerato, traghettandolo verso l’ennesima svolta della sua storia.