“Sono sotto shock, come credo sia sotto shock tutta la città, per la tragedia che ha visto una bambina vittima delle ‘sfide social’.
Una tragedia che ci interroga. Ci interroga sulle relazioni fra i giovani mediate dagli smartphone, sul ruolo sociale che alle nuove tecnologie stiamo sempre più delegando, sul rapporto fragile ma potente che sempre più giovani e adulti costruiscono e forse subiscono con i propri device digitali”.
A dirlo è il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, dopo la morte di una bimba di 10 anni, probabilmente vittima di una sfida estrema su TikTok.
“Credo non sia più rinviabile una riflessione su questi temi da parte di tutti noi – aggiunge il primo cittadino -, ancor di più nel momento in cui la pandemia ci ha sempre più spinto verso la comunicazione digitale, facendone apprezzare le indiscusse potenzialità e positività”.
Negli edifici comunali saranno esposte bandiere a mezz’asta. “Chiedo a tutti i dirigenti scolastici di far sì che il mondo della scuola partecipi a questo momento di dolore, osservando domani nelle classi un minuto di silenzio”, dice il sindaco, che “ai genitori, a tutti i familiari e amici di questa bambina” rivolge “un affettuoso e sentito abbraccio da parte della città, ancor più sentito ed emozionato nell’apprendere della decisione di acconsentire alla donazione degli organi. Un grande gesto di amore e di sensibilità”.
LA PSICOTERAPEUTA PARSI
“Un gioco? E come una bambina di 10 anni è potuta arrivare a questo gioco? Manca il controllo. C’è un controllo per le parole di Trump sui social ma non per questi giochi pericolosi, per queste sfide terribili che però mettono in luce un fenomeno che ormai vede protagonisti non solo ragazzi ma anche bambini: una sfida alla morte, al suicidio che mostra anche la solitudine di questi giovani e giovanissimi in questo momento particolare”.
Così all’Adnkronos la psicoterapeuta Maria Rita Parsi, autrice del libro ‘Stjepan detto Jesus, il figlio’. “Credo che questi meccanismi di sfida siano sollecitati da qualcuno, gruppi di coetanei se non da adulti che trovano terreno fertile nei bambini o giovani in difficoltà – ha aggiunto Parsi – resi ancora più fragili da questo momento di pandemia, dal lockdown, dal non poter gioire della compagnia dei coetanei o dei fondamentali nonni.
Bambini o giovani rapiti dalla solitudine, dallo stress e dal malessere tanto da arrivare alla sfida con la morte e quindi al suicidio”. “Serve controllo, bisogna rendersi conto che internet e i social i nostri ragazzi li conoscono e li sanno usare meglio di noi. Bisogna scoprire chi e cosa c’è dietro a queste sfide di morte che da virtuali diventano tristemente reali”, ha concluso.