Sono 67 le aree idonee ad ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi e sono collocate in Piemonte, Toscana, Lazio, Basilicata, Puglia, Sardegna e Sicilia.
E’ quanto indicato nella Cnapi, la Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee elaborata dalla Società gestione impianti nucleari (Sogin) che individua le zone dove localizzare in Italia il Deposito che dovrà contenere in sicurezza le scorie del nostro paese.
In particolare le aree individuate sono così ripartite: 8 in Piemonte, 2 in Toscana, 22 nel Lazio, 12 in Basilicata, 4 in Basilicata/Puglia, 1 in Puglia, 14 in Sardegna e 4 in Sicilia.
Nell’Isola le aree sono state individuate nei comuni di Trapani, Calatafimi, Segesta, Castellana, Petralia, Butera.
La pubblicazione della Carta e quella contestuale del Progetto Preliminare apriranno una fase di consultazione pubblica e di condivisione che durerà 4 mesi e che culminerà in un Seminario Nazionale, dove saranno invitati a partecipare tutti i soggetti coinvolti ed interessati.
Il Deposito Nazionale è un’infrastruttura ambientale di superficie dove mettere in totale sicurezza i rifiuti radioattivi.
La sua realizzazione consentirà di completare il decommissioning degli impianti nucleari italiani e di gestire tutti i rifiuti radioattivi, compresi quelli provenienti dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca.
Insieme al Deposito Nazionale sarà realizzato il Parco Tecnologico:
un centro di ricerca, aperto a collaborazioni internazionali, dove svolgere attività nel campo del decommissioning, della gestione dei rifiuti radioattivi e dello sviluppo sostenibile in accordo con il territorio interessato.
Perché va costruito?
L’Unione Europea (articolo 4 della Direttiva 2011/70) prevede che la sistemazione definitiva dei rifiuti radioattivi avvenga nello Stato membro in cui sono stati generati.
La maggior parte dei Paesi europei si è dotata o si sta dotando di depositi per mettere in sicurezza i propri rifiuti a bassa e media attività.
Per sistemare definitivamente i rifiuti ad alta attività, alcuni Paesi europei, tra cui l’Italia, hanno la possibilità di studiare la localizzazione di un deposito profondo comune in Europa allo scopo di fruire dei potenziali vantaggi di una soluzione ottimizzata in termini di quantità di rifiuti, costi e tempi di realizzazione, così come prospettato dalla Direttiva Euratom 2011/70.