La Sicilia da mangiare: il cibo di strada come sintesi della cultura gastronomica

La Sicilia da mangiare: il cibo di strada come sintesi della cultura gastronomica

di Patrizia Orofino

Street food ovvero la cultura gastronomica di un territorio offerta per strada.

I promotori hanno compreso che il punto forte dello street food, è la tradizione. Di resort e ristoranti rinomati che offrono qualità e gusto a varie tipologie di clienti se ne trovano a centinaia, stellati e con tanto di recensioni, tuttavia abbiamo quasi dimenticato che in Sicilia ancora oggi il rito del cibo di strada è assai praticato.

Dal venditore di hot dog newyorkese, con il suo carrellino ed i suoi panini dolci per accompagnare queste salsicce anglosassoni, fino ad arrivare in Germania dove negli ‘shellimbis’, le bancarelle dello street food, si possono acquistare dolciumi tipici e pietanze della cucina casalinga tedesca. In tutti i paesi del globo vi è la cultura del cibo da strada secondo i prodotti del territorio.

Ma diamo un’occhiata alla nostra Sicilia, sebbene sembri paradossale parlarne nei giorni in cui la circolazione nelle principali città dell’Isola è resa difficoltosa dai divieti delle zone arancione e rosse.

A Palermo, nelle bancarelle dei mercati troviamo:

pane e panelle, panino ca’ meuza, sfincione, rosticceria e fritturina mista di pesce da assaporare durante le sagre oppure ogni giorno: rappresentano il top della cultura gastronomica della Sicilia occidentale. Per il dolce vanno bene le cassatelle da passeggio e i cannoli a base di ricotta: i più gustosi sono quelli preparati a Piana degli Albanesi, deliziano il palato dei palermitani e dei turisti, in giro per la città.

In tutta la Sicilia, per le strade ed i vicoli il profumo delle friggitorie e dei forni è un ricordo d’infanzia che ci riporta ai sapori antichi di pietanze uniche ancora tramandate nonostante le contaminazioni dei fast food d’oltreoceano.

La storia del cibo di strada risale all’Impero Romano.

E’ recentissimo il ritrovamento nella città antica di Pompei di un Termopolio, una bottega con un enorme bancone dove era possibile comprare pietanze pronte. Il Termopolio, è stato ritrovato quasi intatto, con ancora il cibo dentro le pentole di terracotta. Questo non è altro che la prova delle abitudini, gusti, costumi ed usanze, sia del popolo campano che del patriziato romano, solito deliziarsi di bontà gastronomiche durante le vacanze. Le origini del cibo di strada quindi, non sono la tendenza del momento ma un vero e proprio amore verso la tradizione mediterranea per noi siciliani ed un business che permette a interi nuclei famigliari di vivere del loro lavoro dignitosamente.

A Catania e provincia nel cuore della città, la pescheria, gli archi della marina e le zone adiacenti il Castello Ursino, sono al primo posto per per la degustazione di interiora di sanguinaccio e trippa, ma l’arrusti e mangia non lo batte nessuno. Carne, polpette salsiccia, stigghioli (interiora di pecora) pesce fritto di paranza, a base di trigliette, calamari, gambero ed alici, meglio se queste siano pescate, ‘da’ magghia’, perché viene assicurata la freschezza del prodotto.

Simbolo dello street food durante le feste di Sant’Agata sono le zeppole di riso e miele, crespelle di ricotta e con l’acciuga.

I catanesi anche in provincia preferiscono consumare più il salato rispetto al dolce, anche se negli ultimi anni la preparazione di torte o paste tradizionali, si sta via via facendo strada nel mondo dello street food, così come la produzione di liquori e amari digestivi.

“Sono duecento mila persone in tutto il nostro paese a vivere di tradizione e amore per il cibo da strada – spiega al Corriere Etneo Alfredo Orofino, piemontese di origine siciliana, uno degli addetti ai lavori dell’organizzazione dell’International Street Food di tutta Italia. In questo difficile momento a causa della pandemia, questo settore è in forte crisi, stiamo lavorando da tempo per poter avere risposte valide dalle istituzioni, per rivalutare il settore dello street food, facendo comprendere che, i professionisti che lavorano non vanno considerati solo come ambulanti, ma veri professionisti della ristorazione da strada.

L’augurio più bello per il 2021 è proprio quello di poter risollevare le sorti di un’intera categoria, attraverso leggi che possano agevolare anche sul piano burocratico”.

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