Adrano, Valeria la giovane down morta di covid da sola in ospedale. Le associazioni all’Asp: “Mai più casi del genere”

Adrano, Valeria la giovane down morta di covid da sola in ospedale. Le associazioni all’Asp: “Mai più casi del genere”

Mai più casi come quello di Valeria Scalisi, la 32enne adranita affetta da sindrome di down morta da sola in ospedale dopo avere contratto il covid.

E’ quanto chiedono all’Asp di Catania due associazioni che riuniscono le famiglie di persone down.

Mai un istante ‘Valeriuccia’ – come la chiamavano in tanti – era stata lontana dalla mamma e dalle sorelle. Trasportata in ambulanza al Policlinico di Catania il 14 novembre dopo essere risultata positiva al virus, Valeria ha chiesto invano di avere qualcuno accanto a sé. “Mamma, mamma, vieni con me” ripeteva. Il protocollo di sicurezza legato all’emergenza sanitaria ha tenuto lontano tutti i parenti della giovane down per tutto il tempo della degenza fino al giorno della morte, il 27 novembre.

“In ospedale non hanno voluto sentire alcuna regione – afferma Giusi Scalisi, una delle tre sorelle di Valeria (insieme nella foto) – ci dicevano che nel reparto covid non si può entrare. Anch’io ero positiva in quei giorni, ma li abbiamo pregati di fare entrare qualcuno di noi, mia mamma o le mie sorelle, perché Valeria vedesse un volto amico e si lasciasse curare. Ma non è stato possibile”.

“Siamo distrutti – commenta Carmelo Crimi, marito di Giusi – Valeria era speciale. Con il suo sorriso sapeva farti passare ogni preoccupazione. Sapere che è stata sola tutti quei giorni, senza il conforto di chi non l’ha mai trascurata per un attimo, fino a quando non è morta è un dolore insopportabile. Non deve accadere mai più”.

“Ci hanno chiamato dall’ospedale – racconta ancora la sorella Giusi – per dirci che Valeria non collaborava e che era necessario sedarla. Mia sorella era spaventatissima, non voleva farsi toccare da nessuno. Ho insistito perché potessi andarla a trovare, se avesse visto me si sarebbe calmata e si sarebbe fatta curare. Ma in ospedale non hanno voluto. Mia madre non si dà pace e continua a chiedersi perché a nessuno di noi sia stato permesso di assistere Valeria. Il giorno prima che mia sorella se ne andasse, con un video-chiamata siamo riusciti a vederla. Ma era sedata, non c’era più. E’ stata l’ultima volta che abbiamo visto il suo viso”.

I rappresentanti delle associazioni famiglie persone down, Meta, Mare camp, sclerosi tuberosa, hanno scritto una lettera ai dirigenti degli ospedali catanesi e dell’Asp chiedendo che una vicenda simile non si ripeta.

“Tutti i disabili intellettivi – scrivono – e quindi anche i nostri ragazzi, hanno bisogno di una figura conosciuta al loro fianco, generalmente la mamma, presenza fondamentale e vitale per il loro stato d’animo e il percorso positivo verso la guarigione, tutte situazioni che in mancanza della mamma o in poche parole il caregiver (colui che si prende cura), potrebbero portare, oltre che alla morte nei casi più gravi, anche a un peggioramento emotivo tale da compromettere il loro equilibrio psicologico. Un rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità detta le linee guida per l’ospedalizzazione di persone con disabilità intellettiva affette da Covid”.

“Nel corso del ricovero – si legge nel documento – particolare attenzione andrà dedicata all’utilizzo di modalità di comunicazione e gestione adeguate ai bisogni della persona, alla presenza di un caregiver adeguatamente formato e con adeguati dispositivi di protezione individuale e, ove opportuno, all’utilizzo di appropriati e programmati interventi farmacologici per la gestione dell’angoscia, del dolore, della fatica respiratoria della persona, nell’ottica di alleggerire al massimo il sovraccarico per la persona e diminuire i rischi per la persona e per il contesto”.

“Vogliamo sottolineare la nostra fermezza – dicono le associazioni – nel comunicare che non permetteremo in alcun modo che possa ripetersi quanto accaduto e chiederemo senza alcun indugio risolutezza che uno dei familiari rimanga a fianco della persona disabile per assisterla nel suo percorso ospedaliero.

Le scriventi Associazioni chiedono che vengano date istruzioni e fissare un protocollo, affinché, in presenza di persone con disabilità intellettiva, fin dal primo momento sia concessa l’autorizzazione al caregiver di rimanerle accanto”.

Per la foto si ringrazia il giornalista Gian Pietro Fiore di ‘Racconti di Cronaca”.

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