Adrano Covid, la ‘tempesta’ nel racconto di Verdiana: “Lacrime e ansia per mio padre. Ora sta bene”

Adrano Covid, la ‘tempesta’ nel racconto di Verdiana: “Lacrime e ansia per mio padre. Ora sta bene”

Essenziale e terribile la narrazione che fa sui social una giovane donna di Adrano, Verdiana Bulla, dell’esperienza legata al virus piombata sulla sua famiglia agli inizi di novembre.

Tutti positivi, ma è il padre che presenta i sintomi più preoccupanti. Verdiana e i suoi sono stati col cuore in gola per settimane. In ospedale è finita anche la nonna. La giovane ne parla e ne scrive, adesso che il peggio è passato e suo padre è tornato a casa.

La foto che pubblichiamo lo vede accudito dai suoi con amorevole sollecitudine. Anche la nonna, per fortuna è stata dimessa.

Nelle parole della giovane adranita c’è tutto il caos di questa ‘tempesta’ epidemiologica: carenze, buona volontà e paura di non farcela.

Ecco il racconto di Verdiana:

“Giorno 4 Novembre, mia nonna stava male e abbiamo chiamato un’ambulanza.
Così è iniziata la disavventura della mia famiglia.

Arrivata in ospedale risulta positiva al Covid. Era mercoledì, mio padre comincia a peggiorare fino a che sabato arrivano i medici dell’Usca di Adrano che lo visitano e sottopongono me e tutta la mia famiglia al tampone. Passano i giorni e noi scopriamo di essere tutti positivi al covid, mio padre ha ancora la febbre e la saturazione continua a scendere. Gli prescrivono l’ossigeno costante, chiamiamo tutte le farmacie di Adrano e le bombole di ossigeno sono merce impossibile da reperire, senza contare che noi siamo tutti bloccati a casa.

Mio padre peggiora sempre di più, fino a che la notte fra il 10 e l’11 novembre, la saturazione arriva a 72 (già a 88 sarebbe stato da terapia intensiva), nel panico chiamiamo l’ambulanza.

Arrivano al volo, lo visitano: codice rosso! Se dovessi sceglieer il momento peggiore di tutta questa storia, forse sarebbe quella notte. La giornata di mercoledì 11 novembre la ricordo in maniera sfocata. È stata un susseguirsi di telefonate, lacrime, ansia. Mio padre è rimasto in ospedale sei giorni. Lo sentivamo tramite qualche messaggio su whatsapp perché per i primi giorni non riusciva neanche a parlare.

Medici innervositi da turni estenuanti, distratti tanto da intubarlo una notte per errore, per poi stubarlo due ore dopo quando si sono resi conto che avevano sbagliato persona. Stenti sia di cibo che di acqua. Lo abbiamo riportato a casa con 10 chili in meno e senza l’approvazione dei medici. La strada di mio padre è ancora lunga, la sua saturazione sta piano piano migliorando. Ad oggi, per fortuna dopo tre tamponi siamo tutti negativi. Cominciamo a vedere la luce in fondo al tunnel, ma c’è un ma grandissimo in tutta questa storia.

1 – quando eravamo tutti positivi e mio padre rischiava la vita, abbiamo cercato aiuto per le bombole d’ossigeno e dalla misericordia c’è stato risposto che non sarebbero venuti. Sono riuscita a farli venire una volta sola (mio padre aveva bisogno di 3 bombole al giorno) a furia di minacce di chiamare la stampa.

2 – mia nonna è stata quasi 3 settimane ricoverata in ospedale e noi non abbiamo mai avuto notizie da fonti ufficiali sul suo stato di salute. Ciò che sappiamo è che è tornata a casa stordita (mia nonna ha l’Alzheimer), senza le ciabatte nè il foglio di dimissioni.

Io ringrazio la mia famiglia e tutti gli amici che in questo periodo così difficile ci sono stati vicini. Ringrazio i medici dell’Usca di Adrano perché sono stati molto presenti e professionali con noi.

Non ringrazio l’amministrazione di Adrano, perché non è stata in grado e non lo è tuttora di essere vicina alle tante famiglie che, come le mia, si trovano in una condizione di difficoltà e di paura. Io e la mia famiglia siamo stati fortunati, ma quante famiglie ci sono ad Adrano che stanno vivendo questo calvario e non hanno la stessa fortuna che ho avuto io?! Il Covid non è una malattia da prendere con superficialità, indossate la mascherina e siate responsabili”.

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