Masaniello, l’eroe inconcludente cavalca il malessere e non dà risposte

Masaniello, l’eroe inconcludente cavalca il malessere e non dà risposte

Ogni città ha bisogno – fosse anche per un breve periodo – del suo Masaniello.

Quell’uomo che incarna i bisogni primari della collettività, spesso sacrificati, sull’altare del cinismo della politica colta e aristocratica. Un eroe lontano dai circoli che contano e che parla direttamente alla pancia della gente. Masaniello è il risultato della crisi della politica, la reazione all’inconcludenza delle scelte fatte dalle istituzioni nel tempo, ormai scollate dalla realtà.

Masaniello, l’eroe inconcludente cavalca il malessere e non dà risposteProprio nello scarto tra la realtà e la rappresentazione di essa che la politica tradizionale ha immaginato, si colloca la piega dentro la quale cresce ogni Masaniello. Cresce sostenuto dall’onda di insoddisfazione e frustrazione che si sono stratificate nelle città, nelle sue parti marginali, nelle periferie abbandonate, nei luoghi mai presidiati.

Un movimento sommerso che è cresciuto senza ottenere risposte, carico di rabbia e rancore, pronto ad esplodere contro chiunque in qualsiasi momento ma nello stesso tempo un terreno fertile per far crescere l’eroe di turno, come un redentore con la perenne paura che ci faccia fare la fine delle “galline di Stalin”: spennate dal padrone, eppure a lui obbedienti.

Masaniello esiste perché esiste un vuoto.

Cresce perché lo scarto, tra realtà e immaginazione, rimane inalterato nelle scelte politiche praticate – che vagano dall’autocelebrazione all’autoreferenzialità – invece che risolvere le criticità vere delle città: come i servizi alla persona e alle imprese, la facilitazione alla mobilità pubblica, le opportunità per i giovani, la rete della solidarietà, e una visione di sviluppo e di speranza. Molti sono impegnati già alle prossime competizioni elettorali (che non sembrano mai finire) e conta più la performance mediatica che la capacità di governare o pianificare.

Allora prevale lo “sgarbismo” o il “deluchismo”.

Pratiche mediatiche efficaci perché esaltano il malessere collettivo – spesso legittimo – e lo indirizzano verso territori non governabili che possono sfociare in violenza e volgarità collettiva, e in questo senso i social sono questo terreno ideale. Il Masaniello di oggi usa i social, i media, il tam tam delle chat, per rafforzare la sua posizione, sbaragliare gli avversari e nascondere quel malessere che già serpeggia da tempo nei vicoli della città, dovuto alla mancanza di risposte vere ai bisogni della gente, schiacciato da una burocrazia esoterica che lo muove a piacimento, senza la necessità di fili visibili. Per molti basta solo uno spot in TV, un’apparizione folkloristica, una “sparata” forte; basta solo questo all’esoterismo del Palazzo per sopravvivere nascosto dal Masaniello di turno, e il gioco continua senza nessun pericolo. Sarà Masaniello alla fine a pagare per tutti, quando sarà abbandonato e sostituito.

Masaniello è comunque necessario, utile, terapeutico.

Masaniello, l’eroe inconcludente cavalca il malessere e non dà risposteServe per risvegliare le coscienze, per misurare la politica e le sue estensioni attuali. Ma se a Masaniello succede un altro Masaniello allora significa che i tempi non sono ancora maturi per rigenerare la classe dirigente e allora siamo punto e a capo. Masaniello è una terapia d’urto, un cortisone necessario. Se somministrato per troppo tempo rischia di degenerare e indebolire il tessuto economico, sociale e culturale dell’intero organismo urbano. La lezione per tutti deve essere chiara. Una cosa è cavalcare il malessere popolare e un’altra è dare risposte concrete a tutta la comunità. Ma oggi, chi si vuole ergere a giudice di Masaniello, deve dimostrare coerenza e competenza e non può ripercorrere antiche vie, non può ricorrere a vecchi sacerdoti, non può riesumare antiche formule.

Masaniello cavalca – con cinismo mediatico – le paure di oggi aggregando consensi volatili, emotivi, umorali da ogni parte della città.

Ma domani serviranno i fatti, le risposte vere, un piano. Potrebbe essere lo stesso Masaniello a cambiare pelle, a trasformarsi in classe dirigente, ma se così non fosse allora serve un “capitano” di quelli che quando ci sono tempeste sanno guidare la nave verso porti sicuri, che chiamano a bordo i marinai migliori, di quelli che non hanno paura e che non scappano sotto coperta o nella scialuppa. I capitani non si riconoscono per la voce grossa, per le urla, per la rabbia, ma per la capacità di analisi, per la lungimiranza, per l’attitudine all’ascolto e al confronto. Per le qualità tattiche e strategiche, finalizzate al benessere collettivo e non per aver ottenuto una vittoria usando la carcassa del nemico.

La nostra società ha bisogno di eroi che rappresentino le nostre paure.

Che rappresentino la voglia di riscatto, la necessità di scalare e conquistare una nuova posizione per acclamazione; come nei reality televisivi. Questo è il problema. Se si vuole progredire lo si deve fare a partire dall’impegno nel lavoro, nello studio, tutti i giorni alla ricerca di una felicità profonda. Urlare non ha senso. Dissentire si, minacciare mai. Argomentare sempre.

Masaniello è quasi costretto a fare l’eroe, imprigionato nel suo personaggio, vittima del vuoto della politica e dagli esoterismi.

Stanco e spaventato di quello che deve ancora dimostrare, preoccupato di fallire dopo lo show, perché la stessa città che applaude oggi, domani giudicherà senza pietà. Per adesso pensiamo a resistere a questo momento complicato, colpa di un maledetto virus. Per farlo dobbiamo essere lucidi, consapevoli, concilianti e rispettosi delle leggi, magari impegnati nelle nostre responsabilità invece di cavalcare paure.

Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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