Due dosi a distanza di 21 giorni, dai 16 anni in su, con i primi lotti già pronti nelle prossime settimane e un’efficacia che raggiunge il 90%.
Dopo aver comunicato i passi avanti sul fronte del vaccino anti Covid-19, l’azienda americana Pfizer, contattata da LaPresse, spiega le principali caratteristiche del prodotto.
Pfizer, che produce il vaccino con la tedesca BioNTech, prevede di essere in grado di fornire 50 milioni di dosi entro il 2020 e 1,3 miliardi entro il 2021, dopo il nulla osta delle agenzie di regolamentazione, statunitense prima ed europee poi.
Le dosi saranno vendibili solo quando la sperimentazione clinica del vaccino si concluderà con l’approvazione delle agenzie che, considerata la situazione di emergenza, lavorano su tempi rapidi.
L’ok dalla Food and Drug Administration, l’agenzia del farmaco Usa, dovrebbe arrivare nel mese di novembre, seguito a breve da quello del vecchio continente. Il vaccino è stato testato su volontari di età compresa tra i 16 e gli 85 anni, e di recente l’azienda ne ha annunciato la sperimentazione anche su persone hiv positive e su pazienti affetti da epatite B e C.
Le dosi sono due, da iniettare a tre settimane di distanza e la sperimentazione ha evidenziato un’ottima risposta immunitaria già dopo la prima somministrazione. Infine la conservazione: le fiale vanno mantenute ad una temperatura di -75 gradi, ma possono essere conservate in frigorifero, tra i 2 e gli 8 gradi, per cinque giorni prima dell’utilizzo, purché non si superino le due ore a temperatura ambiente.
GARATTINI: “ATTREZZARSI PER CONSERVARE IL VACCINO A -80 GRADI”
“Siamo tutti in attesa del vaccino. Ma prima di fare festa servono dati e risposte precise se vogliamo conquistare la fiducia della popolazione”. Parla così, in un’intervista a Repubblica, dell’annuncio della Pfizer Silvio Garattini, 91 anni, presidente e fondatore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri.
Garattini va cauto: “Partiamo da un presupposto: in questo momento c’è una gara tra le industrie farmaceutiche. Una corsa a chi arriva primo sotto gli occhi di tutti.
Se non abbiamo risposte certe e concrete, si rischia di creare una falsa impressione nella popolazione, rafforzata dai negazionisti, ossia che si stia accelerando troppo e che questi risultati non siano degni di fiducia, cosa che dobbiamo conquistare o si rischia che i vaccini non vengano accettati”. Per Garattini i nodi sono diversi: “Prima cosa: parlano di una percentuale di protezione molto alta, addirittura del 90 per cento. Se fosse così saremmo contentissimi.
Ma sono dati definitivi o parziali? E poi, chi è stato esattamente trattato? La popolazione era giovane e sana?
E quanti sono gli anziani testati e quelli con patologie gravi? Non lo sappiamo. Ed è noto che i vaccini hanno meno efficacia in questa categoria di persone perché con meno risposte immunitarie rispetto ai giovani”. Se però davvero funzionasse, spiega Garattini, dovremmo attrezzarci per conservarlo a meno 80 gradi, e non lo siamo: “No che non lo siamo ed è chiaro che questo ritardo complica le cose.
Ma questo pone un altro tema decisivo. Non possiamo pensare di improvvisare come si fa abitualmente nel nostro Paese. Non siamo nemmeno riusciti a far partire la campagna antinfluenzale. Dobbiamo muoverci per tempo. Così come bisogna lavorare con grande anticipo sull’elenco delle fasce a cui il vaccino va somministrato per primo”.
[08:46, 10/11/2020] Nicola Savoca: Il vaccino è stato testato su volontari di età compresa tra i 16 e gli 85 anni, e di recente l’azienda ne ha annunciato la sperimentazione anche su persone hiv positive e su pazienti affetti da epatite B e C.
Le dosi sono due, da iniettare a tre settimane di distanza e la sperimentazione ha evidenziato un’ottima risposta immunitaria già dopo la prima somministrazione.