Completamente nudi, lasciati a terra assieme ai loro escrementi, incastrati tra le sbarre di protezione del letto, abbandonati a se stessi con dolorose ferite. Derisi e offesi.
Nella casa di riposo Villa San Camillo di Aci Sant’Antonio, nel Catanese, gli anziani erano trattati in questo modo. Un inferno di urla e violenza nella struttura ridotta a lager.
C’e’ una foto in cui e’ evidente una piaga da decubito in una paziente ultrasettantenne, non adeguatamente curata e notevolmente peggiorata nel tempo. Precarie le condizioni igienico-sanitarie della struttura: avvistati dei topi e gli anziani (30 a fronte di una capienza massima di 24) hanno contratto la scabbia. Solo alcuni dei particolari raccapriccianti svelati da un’inchiesta della magistratura e dei carabinieri.
La Procura Distrettuale della Repubblica, nell’ambito di indagini a carico di Giovanni Pietro Marchese, di anni 60, amministratore unico della Casa di Riposo “San Camillo s.r.l.” con sede in Aci Sant’Antonio , di Giovanna Giuseppina Coco, di anni 37, Rosaria Marianna Vasta e Alessandra Di Mauro, entrambe di anni 41, tutte e tre dipendenti della suddetta casa di riposo, ha richiesto ed ottenuto dal Gip la misura del divieto temporaneo di esercitare l’attività imprenditoriale, per la durata di mesi 12, nei confronti dell’amministratore della struttura, nonché la misura del divieto temporaneo di esercitare la professione all’interno di case di riposo e strutture di assistenza per anziani, per la durata di mesi 9, nei confronti delle tre dipendenti, eseguite dai Carabinieri della Stazione di Aci Sant’Antonio.
L’indagine trae origine dal sequestro di alcuni telefoni cellulari, avvenuto nel mese di luglio 2019; fra i dispositivi sequestrati, in particolare, veniva posto ad accertamenti il contenuto del cellulare di proprietà di Giovanna Giuseppina Coco.
All’interno del suddetto dispositivo, venivano individuate numerose foto, scattate all’interno della casa di riposo nel periodo compreso tra marzo e giugno 2019, ritraenti maltrattamenti ai danni degli anziani degenti.
Dall’analisi delle immagini, si evince la condizione di precarietà igienica ed assistenziale in cui gli ospiti di “Villa San Camillo” sono costretti a vivere: in particolare, è possibile notare anziani completamente nudi, lasciati per terra insieme ai loro escrementi, incastrati tra le sbarre di protezione del proprio letto, con vistose ferite, e soprattutto risalta una foto raffigurante le condizioni di sviluppo di una piaga da decubito in una paziente anziana, non adeguatamente curata e conseguentemente notevolmente peggiorata nel tempo.
Di concerto con il magistrato titolare delle indagini, i carabinieri hanno avviato degli approfondimenti investigativi corroborati da una preliminare visita ispettiva da parte dei militari della locale Stazione i quali, coadiuvati dai colleghi del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Catania, accertavano come all’interno di una delle camere da letto poste al primo piano, un ospite era letteralmente bloccato nel proprio letto, impossibilitato ad alzarsi e causa di alcune sedie ed un divano posizionati ai lati del letto, che ne impedivano qualsivoglia movimento. Inoltre, nel corso delle operazioni, i carabinieri del N.I.L. appuravano come all’interno della struttura oltre alle persone regolarmente assunte, risultavano svolgere attività lavorativa in nero undici dipendenti, tra le quali due delle odierne indagate, Di Mauro e Vasta, e alcune di queste deferite in stato di libertà per aver percepito illecitamente il reddito di cittadinanza.
Da qui l’esigenza di avvalersi anche di indagini di natura tecnica che hanno consentito di svelare come l’amministratore della struttura, titolare di una posizione di garanzia nei confronti degli ospiti affidati alla casa di riposo, aveva omesso di vigilare sul personale dipendente così da non impedire loro di maltrattare gli anziani degenti della struttura e di creare un clima abituale di vessazioni, umiliazioni e mortificazioni in danno dei medesimi; disinteressandosi della cura, anche medica, e dell’assistenza degli anziani e delle precarie condizioni igienico-sanitarie della casa di riposo (laddove nella medesima sono stati avvistati dei topi e gli anziani hanno contratto la scabbia), così aggravando lo stato di sofferenza fisica e psichica degli ospitati.
Nel contempo si appurava come tale comportamento negligente da parte del titolare, abbia consentito alla tre dipendenti, come persone cui erano affidati per ragioni di cura e assistenza gli anziani ricoverati, di maltrattare i poveretti con le seguenti condotte reiterate ed abituali:
• non prestavano assistenza agli ospiti, anche a fronte delle loro ripetute richieste d’aiuto;
• in diverse occasioni li legavano ai tavoli o ai letti per non farli muovere;
• li lavavano con l’acqua fredda o, per punizione, non li cambiavano a seguito dell’espletamento dei loro bisogni fisiologici o li lasciavano nel letto con le lenzuola sporche;
• li lavavano con il sapone della lavatrice, deridendoli poi per il loro profumo di “aloe vera”;
• cercavano di curare la scabbia, come da precise indicazioni del titolare, con semplici impacchi di olio di oliva in luogo della corretta terapia farmacologica;
• somministravano agli ospiti farmaci scaduti;
• li denigravano, mortificavano ed insultavano abitualmente e nello specifico:
o “schifoso, sporco, più schifo di te non ce n’è, non mi rompere la ……….”
o “che schifo di persona, che schifo, educazione zero, ora la lascio sulla sedia tutto sporco di pipì, come i porci” questo rivolto ad una persona di 100 anni che poi per punizione era costretto a mettersi a letto da solo
o “è un ignorante, maleducato, facchino ed uno schifo di persona”
o o minacciando un’anziana di legarla, lasciarla piena di feci e di non lavarla, sempre urlando e generando il pianto della povera donna.
Tutti elementi che hanno permesso di consolidare il quadro probatorio a carico degli indagati e, così, di richiedere ed ottenere la misura cautelare concessa dal G.I.P. del Tribunale etneo.