Paternò, il Castello imbrattato dai graffiti: l’abbandono genera mostri

Paternò, il Castello imbrattato dai graffiti: l’abbandono genera mostri

Ancora una volta il dongione di Paternò (per tutti: il Castello) è stato imbrattato da chi non ne percepisce il valore monumentale, storico e culturale.

L’ennesima azione di vandalismo inspiegabile che ci dovrebbe indignare all’unisono. Abbiamo più volte evidenziato da questa testata la necessità di intervenire a tutti i livelli per interrompere questa catena perversa di stupidità.

Abbiamo evidenziato più volte che l’acropoli è di fatto un luogo urbano abbandonato, vissuto – specialmente la notte – dal “branco”. Uno spazio in cui avviene di tutto, lecito e illecito.

Una collina storica che assiste inerme a ogni forma di devianza, di irriverenza. Stuprata, imbrattata, teatro di riti e luogo ideale per far scorrere il veleno nelle vene.

Lo abbiamo detto tante volte, lo hanno detto in tanti, ma quello che resta oggi è la consapevolezza dell’impotenza collettiva e una collezione infinita di articoli, proclami, denunce e appelli. Abbiamo collezionato proposte, modalità, idee ma non abbiamo mai trovato un riscontro reale.

L’acropoli è una terra di nessuno, una porzione di città priva di cittadini, uno spazio dell’eterotopia da guardare da lontano. Un simbolo privo di sostanza. Aspettiamo ancora un progetto di rigenerazione culturale che sia veramente operativo.

Aspettiamo ancora l’interesse della politica regionale, aspettiamo di conoscere i programmi della politica locale. E se tagliare l’erba ogni tanto, riparare qualche lampadina e indignarsi per qualche pittata all’anno, vi sembra sufficiente, è venuto il momento di dire: non basta. Aspettiamo investimenti, progetti, idee, eventi, organismi. Aspettiamo.

Nel frattempo il branco colleziona successi.

Ma si sa, l’acropoli non è una priorità, forse nemmeno esiste, come non esiste l’antica città di Hybla (questo ci vogliono fare credere), perché lo scopo per qualcuno è cancellare la memoria di questo luogo, seppellirla per sempre, come fecero nel 1884 quando coprirono la città di Hybla Major con il cimitero, come fecero negli anni ’50 con il tornante che sventrò ogni cosa, come fecero quando scavarono nei pressi del santuario, come quando piantarono un bosco sotto il cimitero, come si fa dentro il cimitero monumentale permettendo di realizzare cappelle condominiali di dubbia qualità, come si fa ancora oggi, parlando di altro.

Se non si costituisce una task force seria, competente e autorevole per immaginare il futuro di questo luogo, se non si investe in sicurezza, conservazione e rivitalizzazione, se non si crea un’alleanza con le scuole, le parrocchie, le associazioni per difendere questo patrimonio, non risolveremo mai nulla e saremo solo dei collezionisti di slogan sui social. E che nessuno si senta estraneo a questa denuncia, nessuno. Perché questa volta siamo tutti colpevoli.

Apriamo i monumenti, viviamo i monumenti, abitiamo l’acropoli, ospitiamo sulla collina gli eventi. Basta con quest’esorcismo che dura già da troppo tempo, l’acropoli non è la casa del demonio, degli dei pagani, dei morti ma quel luogo straordinario – se facciamo emergere il giacimento che nasconde – che può diventare l’occasione per rilanciare la città di Paternò e il vasto territorio che la circonda. Ma ovviamente tutto questo è solo teoria.

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