Covid, Viola: “Non serve un lockdown generalizzato ma chiudere dove il virus circola di più”

Covid, Viola: “Non serve un lockdown generalizzato ma chiudere dove il virus circola di più”

“Non si può andare avanti con un decreto ogni 15 giorni.

Bisogna individuare subito i comuni più colpiti” da questa nuova ondata di Covid-19 “e metterli in lockdown. L’alternativa? A Natale avremo tutta Italia chiusa in casa”.

Invita a non aspettare Antonella Viola, immunologa dell’università di Padova e direttrice scientifica dell’Istituto di ricerca pediatrica della città veneta. Intervista da ‘la Repubblica’, la scienziata esorta a valutare decisioni tempestive “dove gli ospedali sono in crisi, come Lombardia o Campania. Ma non serve un lockdown generalizzato – precisa – Occorre studiare il territorio e chiudere dove il virus circola di più, anche a livello di singoli comuni.

Un valore di Rt sopra a 1,5 dovrebbe spingerci a intervenire”. “Se non agiamo subito – avverte Viola – fra un mese i dati saranno peggiorati.

A furia di rincorrere un’epidemia che è più veloce di noi, saremmo costretti a chiudere tutto per Natale”. Non ha senso aspettare e capire se le misure prese avranno effetto? “Avrebbe senso se fra 10 giorni avessimo più dati utili a orientare le scelte – risponde l’immunologa – La mancanza di dati invece è sempre stato un problema grave in Italia, fin dall’inizio. Non abbiamo una mappa dettagliata della circolazione del virus, non sappiamo dove ci si infetta di più. Con il collega Enrico Bucci abbiamo fatto una fatica enorme a raccogliere i numeri sui contagi a scuola. Al ristorante ci prendono nome e cognome per permettere il tracciamento. Perché allora non sappiamo quanta gente si è infettata in quel contesto?”.

I Cdc americani hanno individuato in bar e ristoranti un luogo di rischio, ma “non sappiamo se anche da noi è così – osserva l’esperta – e non riesco a capire perché nessuno abbia fornito questi dati, che forse giacciono disaggregati chissà dove.

Sarebbe utile sapere quanto pesano i trasporti, ad esempio. Se c’è differenza fra palestre e teatri, se lavoro o scuola sono un problema, e di quali dimensioni. Eppure fino a 10 giorni fa riuscivamo a eseguire un tracciamento soddisfacente. Abbiamo avuto tutta l’estate per studiare l’epidemia al di fuori di una situazione d’emergenza”.

Per Viola “un provvedimento importante sarebbe rendere le mascherine obbligatorie a scuola sempre, anche durante le lezioni.

Le città universitarie, dove confluiscono giovani da diverse regioni, condividendo alloggi e svaghi, sono altri punti delicati. Le zone meno colpite invece potrebbero riaprire i locali la sera. Ma bisogna fare presto”, ripete.

E disporre di dati puntuali secondo la scienziata farebbe la differenza: “Se sapessimo che i ristoranti sono luoghi più a rischio dei cinema, ma è solo un esempio, chiuderemmo i primi e lasceremmo aperti i secondi. Anche gli aiuti economici potrebbero essere più mirati.

Sapremmo spiegare ai cittadini il perché delle scelte della politica. Invece sembra mancare una programmazione per il futuro. Eppure dobbiamo prepararci a trascorrere con il Covid l’inverno.

Sono 7 mesi, e non saranno facili”, ammonisce Viola che aggiunge: “Non credo alle promesse, in particolare a quelle sul vaccino a dicembre. Il vaccino non sarà una soluzione miracolosa, e tanto meno rapida. Creare false aspettative non farà che aumentare la rabbia delle persone”.

L’immunologa ritiene che “per veder migliorare la situazione dovremo aspettare fino a maggio, con il ritorno del caldo.

Nel frattempo ci vuole programmazione. Le persone e le imprese devono sapere che futuro li aspetta, altrimenti è normale che si riscaldino gli animi”. E’ una critica al Governo? “Non credo che un altro avrebbe saputo far meglio – dice – Anzi, il nostro ha mostrato molto buonsenso.

Ma in più servirebbero anche i dati scientifici. Io credo che bisognerebbe presentarsi agli italiani e dire: i locali contribuiscono ai contagi in questa percentuale, non possiamo permettercelo. Il problema è che noi quel dato percentuale non lo conosciamo. Nessuno l’ha mai calcolato. Ci resta il buon senso, che pure di questi tempi non è poco”.

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